TFA sostegno

martedì, dicembre 17, 2013


Gent.ma Ministra Carrozza,

presto saranno aperte le iscrizioni al nuovo TFA per il sostegno. Dal momento che ho conseguito l'abilitazione al TFA ordinario l'estate scorsa, e che solo in seguito il Ministero ha attivato i corsi del PAS – motivo per cui mi sento di aver buttato tempo e soldi, oltre ad essere stato impegnato in un percorso sul cui valore e sulla cui spendibilità lavorativa mi piacerebbe che il Ministero ci rendesse edotti, visto che le graduatorie non sono state aggiornate – mi piacerebbe sapere, prima di rifare lo stesso errore (e cioè: pagare la tassa d'iscrizione a un esame, prepararmi per l'esame, pagare le tasse nel caso in cui lo passassi, frequentare il corso), se avete intenzione di far ottenere a migliaia di persone la mia stessa abilitazione ma senza alcun esame, nel qual caso conserverei i soldi e il tempo per fare altro, tipo imparare un mestiere. (Ah già, perché magari dovreste anche interrogarvi sulla qualità dei corsi di abilitazione, su "chi abilita gli abilitandi", insomma, invece di affidarvi acriticamente ai primi che passano solo perché "li gestisce l'Università": sarà certamente a conoscenza del fatto che alcuni miei colleghi che non hanno passato l'esame di accesso ho poi avuto modo di ritrovarli a "formarmi" per l'insegnamento).

Ad ogni modo l'Università di Palermo, per sedare immediatamente ogni mia tentazione, ha colto subito l'opportunità di questo nuovo percorso di formazione per aumentare la tassa d'iscrizione all'esame da 100 a 150€, e le tasse da 2600€ a 3500€. Rendendomi più chiaro, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che la selezione che state facendo è basata esclusivamente sul censo. Abbiate almeno la decenza di non parlare di merito.

 Cordiali saluti,

i rigattieri, per tanti altri

ANNUNCIO A TUTTI I RIGATTIERI

venerdì, dicembre 06, 2013

ABBIAMO RAPITO GREG.

SE VOLETE RIVEDERLO VIVO, FATEVI TROVARE NELLA SEMIPERIFERIA PISANA IL 15 DICEMBRE ALLE ORE 13.

NON È UNO SCHERZO.

PER ADESSO CI SIAMO LIMITATI A SMONTARLO E RIMONTARLO AL CONTRARIO. SE NON TROVEREMO NESSUNO DI VOI IL 15 DICEMBRE PASSEREMO A VIE DI FATTO PIÙ IRREVERSIBILI.

NOI SIAMO LA BANDA DEL DITO CICCIOTTO. NON SI SCHERZA CON LA BANDA DEL DITO CICCIOTTO.

FACCIAMO TUTTO QUESTO NON PER DENARO, MA SOLTANTO PERCHÉ SIAMO CATTIVI.

MOLTO CATTIVI.

UAH UAH UAH (CON SOTTOFONDO DI ATMOSFERA TETRA).

FIRMATO: LA BANDA DEL DITO CICCIOTTO.


di office art e pranzi di natale

venerdì, novembre 29, 2013

Un tempo i rigattieri erano genti estremamente artistiche. La penuria di mezzi faceva trovare loro soluzioni ingegnose, lanciare nuove mode, inventare concetti e teorie fantasiose. Poi il mondo reale incombette su di loro come una catastrofe: e fu la diaspora. Nessun messia disposto a salvarli, non poterono che attaccarsi ai primi mezzi di sostentamento che trovarono. Ciò non tolse loro un qual certo acume, e residui di una qualche aspirazione, pur tuttavia commisurati ai tempi, grami, che si trovavano ad abitare. C'era chi (pensate come s'era finiti in basso) era costretto addirittura in qualche ufficio, e pur di non soccombere aveva provato a lanciare una nuova corrente artistica dal nome improbabile: la office art, il cui successo non superò i pochi minuti.

[qui l'unico - geniale - pezzo di questa sfortunata forma d'arte]


I rigattieri erano genti sconfitte dalla storia e dal progresso, residui di un mondo che non esiste più. Come tutte le minoranze, il loro unico modo per ricordarsi di esistere era quello di attaccarsi alle tradizioni. Una di queste, forse la più nota nel mondo, era quella di un curioso pranzo di Natale celebrato molti giorni prima (o molti giorni dopo) del solito. Era un appuntamento imperdibile, nella provincia, forse proprio perché un evento libero, senza etichetta, anarchico e aristocratico ma popolare, a modo suo. Qualcuno continua a sostenerne l'esistenza, lontano dalle luci della ribalta. C'è chi dice addirittura che si tratterebbe della nona edizione consecutiva, e che si svolgerebbe il 15 dicembre p.v. Ma se c'è una cosa che la storia non ha mai smesso di insegnare, è che i rigattieri erano genti inaffidabili, e dunque vagli a credere. 

l'allegro spettatore

domenica, novembre 17, 2013


Caro amico vicino di poltrona, di ritorno dalla proiezione che ci ha appena visti compagni di percorso non posso che continuare a rivolgere a te il mio pensiero. Più del film che abbiamo visto, infatti, mi ha colpito l’incredibile affinità che ho provato nei tuoi confronti: anche tu come me, restio ad ammettere di aver cambiato secolo, ti ostini a frequentare quei cimeli del passato che sono le sale cinematografiche, forse anche tu convinto che tutto sommato, come si vedono al cinema, i film non si vedono da nessuna parte. E resisti: resisti persino all’ottusa consuetudine che ci impone un doppiaggio che – ne sono certo – anche tu in fondo vorresti combattere, anche se l’idea ti spaventa, anche se ti piace sentirti cullato da questo italiano inesistente che previene qualunque imprevisto accompagnadoti come le nenie senza senso che ti cantava tua madre da piccolo. Nel tuo intimo, in fondo, anche tu vorresti gettarti nelle montagne russe della versione originale, anche se non riesci a confessarlo a tua moglie. Sì, quella stessa moglie a cui senti l’esigenza di confessare ogni tuo pensiero, ogni tuo barlume (tu, novello Serge Daney di provincia) sul film che stiamo vedendo, anche se è un thriller, anche se qualcun altro, oltre tua moglie, potrebbe ascoltarti. (In fondo la cosa che stai dicendo è così intelligente che, a parte che parli così piano che nessuno ti sente, figurati comunque se non apprezzerebbe). 

Ecco caro compagno, io conosco le tue buone intenzioni, e lo capisco che non è colpa tua se non riesci più a distinguere il salotto di casa da un luogo collettivo in cui, come adepti in cerca di un mistero da scoprire, continuiamo nonostante tutto a raccoglierci. Ma appunto con la più grande amicizia vorrei dirti – se per caso avrai modo di leggere queste mie – che quel luogo non è il tuo salotto, altrimenti tanto valeva che ci incontrassimo da te, no? Nella sala (così c’è scritto all’ingresso: pensa che bacchettoni!) devi mantenere un atteggiamento un po’ diverso; non per me, figurati, ma perché magari al signore dietro di me – che lo so che è un rompipalle, ma che ci vuoi fare: è fatto così – la tua disinvoltura sembra quasi dargli noia (sicuramente perché gli ricorda quant’è triste lui). 

Ti confido un segreto, compagno: poco fa, mentre legittimamente sfoderavi la tua torcia per controllare facebook, puntandogliela – com’è giusto – dritto negli occhi, mi è sembrato di udire uno sbuffo quasi di rivolta, come se tu non avessi diritto – in quell’ora e mezza che sembra poco, ma invece comunque è un sacco di tempo, figurati se non ti capisco – di controllare tre o quattro volte il tuo smartphone, che t’è costato pure un bel po’ di soldini e giustamente non è fatto per restare chiuso nella tua tasca. (Lo so che ogni tanto ci pensi, che per quell’ora e mezza potresti provare a staccarti dal mondo e concentrarti sul film, ma ricorda sempre che Steve Jobs ti guarda, e che tutti i momenti che sottrai alla sua creazione ti verranno fatti scontare in app sempre più appetitose e irresistibili, togliendo un’altra maglia a quel dolce cordone che ti lega come quello di tua mamma quando ti cantava nenie senza senso).

Devo dirti poi che il signore suddetto (l’ho visto durante l’intervallo), che tra l’altro era straniero e già era nervoso per i fatti suoi per questa interruzione che non s’aspettava (pensa che incivili, ‘sti stranieri! che vabbé che il cinema ci piace, ma senza bomboniera a metà che gusto c’è?), s’è immediatamente acclimatato ed è corso a comprare il suo pacco di patatine, per poter – giustamente – rispondere al coro degli altri sacchettini attorno a sé per tutto l’inizio del secondo tempo. Non ti chiedi mai, amico spettatore, come mai questi cinemi provinciali non abbiano ancora pensato a vendere durante l’intervallo (o all’ingresso) anche quelle trombette da stadio, o un fischietto, in modo che tutti possano immediatamente comunicare agli altri la loro approvazione – o, al contrario, il loro sdegno – nei confronti della scena appena vista? Io credo che renderebbe il tutto ancora più speciale, ancora più collettivo. 

Ed è per questa stessa ragione, amico vicino, che spero che ci rincontreremo uno dei prossimi giorni. E se in un momento particolarmente caldo del film comincerai a sentire degli schizzetti sulla nuca, o nell’orecchio, o sui pantaloni, sappi che non è l’ultima trovata dell’esercente fantasioso. Sarà il mio modo di comunicarti un’empatia comune, la mia maniera di manifestare la gioia e contemporaneamente di armarmi (insieme a te!) contro la modernità in maniera allegra, spensierata, gioiosa. Gli schizzi della mia pistola ad acqua ti uniranno, in un unico getto copioso, a tutti quelli che come te amano condividere le proprie emozioni all’interno di questo spazio fuori dal tempo che è la sala cinematografica. All’esercente fantasioso, invece, penserò in un secondo momento, ringraziandolo per le sue scelte commerciali con tutta l’attenzione che merita.

Ci vediamo presto! Io ti aspetto.

L'ingrato compito di educare il popolo

martedì, settembre 24, 2013


Hai presente quando le questioni teoriche ti si parano innanzi con tutto il peso della loro realtà e riesci solo a sentirti schiacciato da un'evidenza che vorresti tanto negare e alla quale però non puoi sottrarti? 

Vengo e mi spiego.

Amare il popolo, atteggiamento tanto invocato dalla sinistra, è uno di quegli scogli nei quali sapevamo che in fondo non ci saremmo mai imbattuti, tanto la questione avrebbe riguardato sempre altri. I nostri studi in fondo stavano lì a tutelare (e insieme a smentire, senza però che ce ne accorgessimo) le nostre certezze: mai ci saremmo trovati veramente ad averci a che fare, perché la nostra abilitazione all'insegnamento ci preservava da quelle scuole (che abbiamo sempre segretamente o palesemente ritenuto di serie c) in cui sapevamo che risedeva la grande massa della società, dalla quale con lo sprezzo altezzoso che ci caratterizza - nei confronti di chi la denigra, beninteso - saremmo sempre stati ben al riparo.

Ebbene, non è sempre così.

La mia abilitazione in fisica teorica non mi esime oggi dall'insegnare matematica (che non è la mia materia) in un istituto professionale per camioniste. E ora voi immaginate quanto gliene possa fregare, alle camioniste, della matematica (anche se di base). Ma non potete immaginare la fatica quando alle domande più semplici ("quanto fa 2x2?") vengono opposte le risposte più fantasiose ("22? 202? 444?"). Ecco vi ci vorrei vedere, ad amare il popolo, e addirittura a educarlo, quando si comporta così tanto da popolo. Ma perché il popolo non può essere un po' più borghese?

È lì che capisci che i docenti di fisica teorica (con rispetto parlando) se la possono ficcare nel culo la loro materia, e che dovresti benedire chi riesce a trasmettere quel po' di italiano e di matematica nelle scuole elementari, medie e negli istituti professionali delle scuole di periferia delle grandi città.

L'isola perduta

martedì, agosto 27, 2013



Sulla mitologica esistenza di questa terra si discute fin dall’antichità. Furono per primi i grandi geografi greci a tentare di fornirne una collocazione plausibile e di tratteggiarne la conformazione fisica, gli usi e i costumi dei suoi abitanti. Agatarchide di Cnido (II sec. a.C.) ipotizzò per primo che la regione fosse in realtà un’antichissima propaggine del Peloponneso, staccatasi dalla penisola ellenica a seguito di un terrificante maremoto. La sua teoria fu tuttavia duramente contestata dal contemporaneo Pausania il Periegeta, che nella sua "Periegesi della Grecia" non ebbe alcuna esitazione ad indicare il nord Africa (forse addirittura l’attuale Algeria) come la culla di quegli abitanti che cotanti frutti hanno dato alla storia del Mediterraneo.
Ma fu infine l’illustre Strabone (I sec. d.C.) - a cui si deve peraltro la scoperta delle Marche a nord degli Abruzzi - ad avanzare la teoria più suggestiva: seguendo a ritroso le tracce lasciate da Aristotele, egli si disse certo che quella terra altro non fosse che la perduta isola di Atlantide.

punk

sabato, agosto 24, 2013

ci segnalano via mail

I cinesi

mercoledì, maggio 15, 2013




I cinesi hanno il ripieno dei cremini di colore viola anziché bianco.
I cinesi, quando ti invitano alle due del pomeriggio di una giornata semi-estiva con trenta gradi all’ombra, ti offrono dell’acqua bollente, non un tè caldo ma dell’acqua bollente a diciottomila gradi in una tazza da tè.
I cinesi durante i pasti bevono il tè e non l’acqua, al massimo un po’ di sprite.
I cinesi sgraccano per strada continuamente, lo si sapeva già ma prima era una sorta di pregiudizio o almeno un sentito dire, adesso che lo si è visto è una realtà.
I cinesi, quando si è al ristorante e si hanno delle difficoltà enormi ad afferrare un qualsiasi cibo con le bacchette, pensano di farti un piacere prendendo il suddetto cibo con le loro bacchette tutte vaviate e sputacchiate per adagiarlo comodamente nel tuo piatto.
I cinesi pranzano e cenano con dei piattini talmente piccoli che manco per il dolce andrebbero bene.
I cinesi al ristorante sono comunisti a palla non concependo che qualcuno possa mangiare le proprie cose perché tutti devono mangiare tutto.
I cinesi al centro della tavola hanno una cosa che gira con sopra i vari cibi per far mangiare comodamente tutto a tutti, ma può essere pericolosa, credo di averglielo fatto capire.
I cinesi ti offrono la cena la prima volta che andate al risorante insieme, poi magari ti portano al loro English corner settimanale in un appartamento che è una chiesa protestante.
I cinesi fumano nei locali e buttano la cenere per terra.
I cinesi pensano che noi occidentali abbiamo le idee per risolvere i loro problemi, piccini.
I cinesi ti fermano per strada e ti chiedono di farti una foto con loro.
I cinesi arrivano a lavorare anche 16 ore al giorno, almeno così dicono.
I cinesi vendono il riso soltanto in pacchi da 5 kg.
I cinesi negli ascensori non hanno il numero 4 perché ha a che fare con la morte, non hanno il 14 perché contiene il 4, non hanno il 13 per rispetto nei confronti della scaramanzia altrui (o forse dicono così per sembrare rispettosi ma in realtà lo fanno semplicemente perché 1+3 fa 4).
I cinesi ti vogliono leggere il contatore dell’acqua a tutti i costi, anche se è evidente che non capisci niente di quello che ti stanno urlando (magari stanno parlando normalmente ma il cinese sembra una lingua urlata più che parlata).
I cinesi amano i capelli ricci.
Le cinesi, di base, ci stanno.

I have a dream

martedì, marzo 19, 2013



Stanotte ho fatto un sogno. Ho visto un gruppo di giovani riunirsi in una piccola città con un grande fiume. Ho visto questi giovani, in pellegrinaggio in un vicolo, mangiare una piadina e guardare il cielo, aspettando forse che un Francesco Papa si affacciasse finalmente alla finestra.

Ho visto Maciste fare la voce grossa per convincere suo padre, poi una giovane dentista spronare a calci nel sedere un papa senza terra con in spalla due mezzi inglesi, e ancora il Capo di un’isola lasciare il capo dell’isola e abbandonare per qualche giorno i suoi sogni di cinema.

Infine, ho visto Pavani offrirmi della meringa, Chèri cercare poco convintamente di convincermi a svegliarmi, e Cofino organizzare una cena in spiaggia. (Queste tre cose stanotte le ho sognate per davvero però).

Rigattieri tutti, vicini e lontani, di mare e di terra, io ho fatto un sogno, e vi chiamo a raccolta per realizzarlo:

lo organizziamo un pranzo di Pasqua?

L'omonimo

giovedì, marzo 14, 2013





Qualcosa, evidentemente, non ha funzionato. Ad un certo punto la comunicazione con la Cappella Sistina si è interrotta e sono state travisate informazioni essenziali per la riuscita del nostro Piano (lungamente concordato con l'Oltretevere, peraltro). E si è creata questa incresciosa, imbarazzante situazione.
Insomma, non era quello giusto.
Siamo stati comunque ampiamente rassicurati sul prossimo giro (quando sarà).
Ci scusiamo con il popolo rigattierico per il disagio.

Se non ora quando?

martedì, febbraio 12, 2013


"[...] Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice".

Greg, è giunto il tuo momento, sei pronto?

qui si apre la nuova rubrica di fantapolitica ecclesiastica di via rigattieri

Post Doc

venerdì, febbraio 01, 2013


Alcune cose che ho più o meno imparato nell’ultimo anno, in ordine più o meno cronologico.


_il lavoro non si trova, il lavoro ti trova. Quindi fareste meglio a stare nascosti.

_avere un capo significa generalmente dover rinunciare alla testa - ma questo noi Rigattieri già lo sapevamo.

_redattore = chi redige un testo? Sbagliato! Redattore ≅ dattilografo il cui destino è scrivere sempre la cosa sbagliata.

_giornalista = persona che sa scrivere? Sbagliato! Giornalista ≅ oggetto di forma umanoide, a cui talvolta è stato insegnato a leggere.

_la gente cool fa gli elenchi puntati usando il trattino basso e senza usare le maiuscole. Chi vi dice il contrario è uncool.

_espressioni come “non è ok, lo voglio più wow!” sono alla base della comunicazione. Chi vi dice il contrario lavora nella comunicazione.

_vivere nella certezza che Cofino non spunterà nudo alla tua porta ti dà una tranquillità mai abbastanza apprezzata. (Pavi santa subito!)

_ se per esprimere un concetto ci vogliono più di 140 caratteri, quel concetto è probabilmente una cazzata.

_se per esprimere un concetto ci vogliono meno di 140 caratteri, quel concetto è probabilmente una cazzata.

_dire qualcosa di intelligente è davvero molto difficile.

_gli amici lontani sono più di un ricordo. Direi quasi che sono una certezza, o almeno la speranza di una vita migliore.

_quando ti licenziano la vera sfiga  non è che hai perso il lavoro, ma che se non stai attento il lavoro ti ritrova.

_la filosofia non è un lavoro. Il che è un problema, perché significa che la filosofia non ci troverà mai.

_studiare filosofia mi mancherà sempre. Un po’ come mi manca il gelato d’inverno – ma con in più la consapevolezza che l’estate non tornerà.