L'ingrato compito di educare il popolo

martedì, settembre 24, 2013


Hai presente quando le questioni teoriche ti si parano innanzi con tutto il peso della loro realtà e riesci solo a sentirti schiacciato da un'evidenza che vorresti tanto negare e alla quale però non puoi sottrarti? 

Vengo e mi spiego.

Amare il popolo, atteggiamento tanto invocato dalla sinistra, è uno di quegli scogli nei quali sapevamo che in fondo non ci saremmo mai imbattuti, tanto la questione avrebbe riguardato sempre altri. I nostri studi in fondo stavano lì a tutelare (e insieme a smentire, senza però che ce ne accorgessimo) le nostre certezze: mai ci saremmo trovati veramente ad averci a che fare, perché la nostra abilitazione all'insegnamento ci preservava da quelle scuole (che abbiamo sempre segretamente o palesemente ritenuto di serie c) in cui sapevamo che risedeva la grande massa della società, dalla quale con lo sprezzo altezzoso che ci caratterizza - nei confronti di chi la denigra, beninteso - saremmo sempre stati ben al riparo.

Ebbene, non è sempre così.

La mia abilitazione in fisica teorica non mi esime oggi dall'insegnare matematica (che non è la mia materia) in un istituto professionale per camioniste. E ora voi immaginate quanto gliene possa fregare, alle camioniste, della matematica (anche se di base). Ma non potete immaginare la fatica quando alle domande più semplici ("quanto fa 2x2?") vengono opposte le risposte più fantasiose ("22? 202? 444?"). Ecco vi ci vorrei vedere, ad amare il popolo, e addirittura a educarlo, quando si comporta così tanto da popolo. Ma perché il popolo non può essere un po' più borghese?

È lì che capisci che i docenti di fisica teorica (con rispetto parlando) se la possono ficcare nel culo la loro materia, e che dovresti benedire chi riesce a trasmettere quel po' di italiano e di matematica nelle scuole elementari, medie e negli istituti professionali delle scuole di periferia delle grandi città.