appunti per un manifesto rigattierico sul lavoro

giovedì, luglio 28, 2011

È da tempo che vorrei proporre un ragionamento collettivo e generazionale sul concetto di LAVORO. Su questo blog ne discutiamo spesso, da anni. Ora, siccome ieri è uscito il manifesto di TQ e mi sento un po' questo spirito generazionale da manifesto, vorrei sottoporvi alcune riflessioni che potrebbero diventare la base del nostro manifesto, il manifesto rigattierico sul lavoro (MRSL). Che ovviamente ha pretese universalizzanti e generaliste, sennò non sarebbe un manifesto. Due cose, essenzialmente, che andrebbero forse ripensate:

1) Dice che il lavoro, se è lavoro, è pagato, altrimenti non è lavoro. 

Ah beh. D'accordo siamo d'accordo tutti. Però uno si guarda attorno e vede che c'è veramente tanta gente (della nostra età, per lo più; ma la nostra età è molto ampia e si amplia sempre di più) che fa per molto tempo un'attività a tempo pieno che non viene pagata (o quasi: ma è sempre l' "o quasi" che ci fotte, n.b.): e non certamente per piacere. Non lo si vuole chiamare lavoro? Beh, allora bisognerà inventarsi un nome nuovo.
Il punto 2) è in qualche modo conseguenza di 1), gli è dunque strettamente connesso da un punto di vista logico, e tuttavia può darsi anche indipendetemente da 1) e soprattutto non è quasi mai esplicitato. Lo potremmo chiamare "Corollario della frustrazione lavorativa". 

2) Il lavoro è lavoro se è sofferenza. 

Con tutta la retorica annessa ("sto andando a lavorare"; "ho lavorato tutto il giorno"; e tutte le variazioni sul repertorio). In due parole, il corollario della frustrazione lavorativa implica che se uno impiega diverso tempo a fare un'attività e (mettiamo) si diverte, e magari viene pure pagato (poco o molto non importa - e molto è sempre un concetto relativo), "vabbé ma quello mica è lavoro".

Breve conclusione. C'è confusione. E la confusione linguistica è spesso sintomo di confusione concettuale. Ergo, per questa generazione (che non siamo TQ, chiamiamoci più modestamente rigattieri, o se volete VT), mi sembra prioritaria innanzitutto una riforma lessicale.


Congratulazioni e tante care cose!

lunedì, luglio 11, 2011

Dato che nessuno si è ancora preso la briga di farlo, tocca a me fare (e farmi) le congratulazioni di rito, nonché alcuni ringraziamenti.

Per prima cosa, congratulazioni a Cofino e a Ciccì, senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile. Ci congratuliamo innanzitutto per le loro tesi, fatte di piani di immanenza che sanno di superfici, e di processi di storicizzazione che ripugnano il logicismo; i complimenti e le domande sono state la giusta ricompensa per due lavori che hanno provocato, e di certo ancora provocheranno, perdite di neuroni e capelli come non s’era mai visto prima. Congratulazioni, poi, soprattutto per i festeggiamenti che ci hanno regalato, animati da una massiccia presenza dei 3 fidati amici rhum e cola, whiskey e birra alla spina. Congratulazioni, infine, anche ai loro genitori, che li hanno fatti così come sono, cioè belli, pelosi e con un incipiente calvizie.

E ora, i ringraziamenti! Cominciamo dicendo grazie agli amici; al Capo, sempre in prima fila nei momenti che contano; a Canina, che vince a mani basse il titolo di Miss Dottoranda 2011; a Cippì femmina, che si è sorbita le presentazioni di entrambi i candidati (e che spero debba avere occasione di ospitarmi ancora a Parigi, cosa che sapremo domani!); a Franci, sempre pronto a seminare ansia e sorrisi, e che poi quando beve gli vogliamo ancora più bene…; a Tessa, che è riuscita a tranquillizzarmi con un solo abbraccio; a Piggì, ghost tutor anche dopo la discussione quando intrattiene, con spigliatezza da navigato professore, i relatori di cui gli addottorati oramai volevano liberarsi; ad Ale Alo, che per fortuna ha trovato il coraggio di venire alla discussione; a Von Trotta e a Si-culo, senza i quali, e non a caso, il sabato sera al Mamamia non è stato lo stesso; a Sogno, Ilo e Riccioli d’Oro, grandi rappresentanti di una Viareggio tutta da (ri)scoprire; a Emanuella e Cippì maschio, traghettatori di ebbri; a Neomi, per le sue lolitiche treccine; al Poliglossa, per la sua inaspettata presenza; a Simo Semi e Papadopoulos, che hanno messo casa e cuore a disposizione; a Matti, Lukino e Pakino, per le battute agghiaccianti in serate caldissime; a Kiki, cuore grande, e anche alle sue tette, che tanta distrazione hanno causato… Ma permettetemi di concludere con un ringraziamento tutto speciale per Pata, amica che molto ragionevolmente tutti mi invidiano, venuta a Pisa a festeggiarci nonostante i mille validissimi motivi che l’avrebbero trattenuta.

Ci sono poi da ringraziare gli assenti, fra cui spiccano i nomi di Franca, Maurinho, Bush, Cheri e, last but not least, Betti e Happy, i due arcangeli rimasti bloccati agli antipodi dello stivale.

Grazie poi ai professori: a Toasty, per il suo francese spedito e per la domanda che non ho capito, ma a cui inspiegabilmente mi ha chiesto di non rispondere; a Debe, per averci gettato nel panico due giorni prima della discussione, e per essersi poi presentato magicamente radioso e sorridente, come solo il padre della figlia di Harry Potter può fare; a Petit Bras, scioccato ancora una volta dalla nostra mancanza di fedeltà e  ortodossia; e infine a Champignon, per le sue domande su Nitch che tanto ci hanno fatto sembrare intelligenti.

Un ringraziamento tutto speciale, infine, va poi al nostro dipartimento e a chi ne fa parte (qui sì che ci vorrebbero nomi e cognomi!) per essere quasi riuscito nella difficile impresa di farmi passare la voglia di fare una delle cose che mi piace di più, cioè studiare filosofia… Mi ci sono volute tre ore insonni passate a pensare alla vita per capire che, per fortuna, certe cose non te le può togliere proprio nessuno.