Fare di via rigattieri un museo internazionale

lunedì, novembre 24, 2014

Periodicamente ritorna. Ora però che ci siamo fatti una posizione, che lavoriamo, che abbiamo messo da parte dei risparmi, che FraLanz ha persino figliato (il che meriterebbe un post a parte), possiamo finalmente fare l'investimento di cui parliamo da anni. Comprare via rigattieri e creare il primo museo  internazionale dello studente lagnuso. Dobbiamo adeguarci: è finito il tempo dell'impegno. Se qualcuno pensava che Via Rigattieri potesse essere una nuova Via Panisperna, ebbene le nostre esistenze sono lì a provare che noi rappresentiamo l'avanguardia della nuova Italia che avanza, quella basata non già sull'ingegno, men che mai sull'impegno, diciamocelo pure: sul bisogno. Siamo la nuova Italia basata sul bisogno di non fare un cazzo (inspiegabilmente non sancito dalla costituzione). 

Lascia perdere che uno s'arrabatti per trovare du lire, la questione è filosofica: dovremmo smetterla con questo finto ritegno che coincide di fatto con un appiattimento sui valori (piccoli piccoli) del secolo scorso. Noi siam di quella razza che ancora s'ha da inventare, dovremmo esserne orgogliosi. Invece, quando questa diventerà (com'è evidente) maggioritaria, saremo lì a recriminare, ma non potremo che rimproverare la nostra ignavia. Or bene: vogliamo forse lasciare al degrado questa situazione? 

Dico io: dov'è finita la lavatrice? Io l'avevo lasciata lì. Esattamente da qui ho assistito – e registrato – all'annuncio della prima gravidanza rigattierica. Vogliamo che quel rubinetto continui a pendere nel vuoto (non che il pavimento non abbia già ampiamente dimostrato la sua tenuta stagna, attenzione) o vogliamo fornirgli una vasca entro la quale non disperdere il suo flusso vitale? 


E il mio armadio? Quest'immagine non rende giustizia al senso di precarietà insito in quell'oggetto d'altri tempi, la cui particolare inclinazione faceva sì che non si chiudesse mai, permettendo quel sano ricambio di cui ogni panno riposto in ambiente accuratamente umido avrebbe bisogno. 


Potrei continuare a lungo, se non dovessi preparare la lezione su Hegel. Ma ci sono gli studenti che aspettano. (Anche questa la dice lunga: gli studenti aspettano me che invece di preparare la lezione su Hegel sto qui a scrivere sul museo internazionale dello studente lagnuso). E certo questo mi fa pensare a quando le mie rinomate lezioni si svolgevano tra queste mura: come non pensare che questa, che è passata alla storia come la seconda abitazione lanzesca, fu teatro dei miei primi videosaggi in cui introducevo alla fenomenologia un giovane logico pentito? I caffè filosofici e quant'altro erano ben di là da venire: e qui si sperimentava già. E dov'è finita allora la libreria con i preziosi volumi del nostro?


Signori, qui si gioca con la storia. Che è storia non soltanto della città di Pisa, è storia d'Italia. Dietro l'apparente anonimato di questa piantina (già stravolta nel concetto: un nuovo bagno riducendo il corridoio e la mia stanza? Ma dove diavolo pensate di fare i pranzi di natale, scusate?) si cela una delle vicende più ingloriose di questo paese. Da lì sono passati navigatori e santi (come altro definireste gennaro?), poeti e prostitute, eroi (pensate a betti, scopritore delle nuove asie) e pensatori di fama interregionale.


Ora io penso che sia un'occasione da non perdere. Pensateci: in due mesi abbiamo raccolto 40.000 euri per un treno che portava da nord a sud per sostenere una candidata alle elezioni regionali. Quanto ci staremmo a fare una colletta un po' più ampia per realizzare un grande sogno? Ma voglio rivolgermi anche direttamente ai politici che oggi amministrano la città di Pisa. Pensate davvero che questo non sia un patrimonio da preservare, quando poi vi vantate pubblicamente dei film di Roan Johnson? Signora Giunta di Pisa, si metta una mano sul cuore e ci rifletta un attimo. Sono almeno 15 anni che gioca con l'edificio dirimpetto, quello bruttino pieno di mattoni che continua a tenere chiuso. Perché non mette fine al giochino, lo vende come è chiaro che voglia fare da 'na vita, e investe in questa grande operazione culturale?


Signora, è a lei che mi rivolgo. Qui sotto, in quest'angolo, una pisciatina 'un s'è mai negata a nessuno. E pensi a quanti secchi d'acqua avremmo potuto lanciare! E invece mai: sempre secondo uno spirito d'accoglienza di cui lei, Signora, dovrebbe farsi vanto. Lei come la signora Fosca, gran signora quella sì, che anche lei stoicamente resiste al degrado civile e morale di questo paese sanza far motto, o al limite gridando un po', ma solo per non far sentire l'abbandono. Un abbandono, Signora mia, che davvero corrisponderebbe al peggior non voler sentire del peggiore dei sordi.