TFA

martedì, luglio 31, 2012



Un giorno forse si parlerà di questo concorso come di uno dei più famigerati della storia: "ti ricordi quando...", e noi potremo dire che c'eravamo. Effettivamente, ridotta all'osso, la cosa si direbbe comica se non fosse perversa: a 5 anni dall'ultimo concorso per la SSIS (2007, mancato per un soffio perché ci laureammo un paio di settimane dopo) parte questo Tirocinio Formativo Attivo, con una selezione fatta su migliaia di candidati in tutta Italia che a) hanno resistito in questi anni facendo qualcos'altro, o meglio non trovando altro da fare oggi si ritrovano a provare questo concorso; b) non hanno di meglio da fare che pagare 100 euro per provare questo concorso; c) pensano che se gli va bene possono avere un'abilitazione che gli permetterà, se gli va bene, di provare un concorso a cattedra che si dice verrà bandito presto e che, se gli va bene, darà loro una cattedra. Più o meno nel 2020, ma tanto siamo giovani. 
Però il TFA, si sa ma questo post è per la storia, oltre che costare 100 euro per provare l'esame (e magari qualche settimana o mese di studio dedicato solo a questo), nel caso in cui si vince costa dai 2500 ai 3000 euro di tasse, a seconda delle università. Per questo se ne parla come di "abilitazione a pagamento", uno dei punti più bassi toccati nella storia della formazione italiana - e in quanto tale come potevamo perdercelo? 
La selezione consta di tre prove: un quizzone, che in alcune classi ha fatto strage dei candidati (con domande indegne anche solo di essere pensate, come l'ormai classica su Amafinio, seguace di Epicuro mai nominato nella storia della filosofia di Abbagnano), ma che è di per sé un sistema curioso - ormai tristemente invalso. e mai seriamente contestato - per selezionare i futuri docenti della scuola pubblica; una prova scritta, e una prova orale. Ora si dà il caso che i rigattieri abbiano provato uno dei quizzoni più umani di questa triste esperienza, e che dunque a occhio e croce dovrebbero continuare il percorso e accedere alla seconda prova. 
Il che è la prova più evidente della totale inadeguatezza di questo sistema a selezionare in base a un barlume di criterio il futuro corpo di classe docente del bel paese. 

NRL IX – La trama del matrimonio

lunedì, luglio 09, 2012




Aspettavo da parecchio tempo un nuovo romanzo di Eugenides. Ho letto Le vergini suicide e ne sono rimasto letteralmente “perturbato”. Difficile scrivere qualcosa di simile. E infatti poi ha concepito Middlesex che, mi dicono i più fidati amici, pare sia un capolavoro addirittura superiore al primo (lo so, lo so, devo ancora leggerlo, sono un cazzone!). Comunque sia, il genio di Eugenides risiede anche nella sua capacità metamorfica. Non sono libri comparabili. È un’opera che muta, di romanzo in romanzo.
Proprio per questa ragione, forse non è nemmeno un caso se passano così tanti anni fra un suo romanzo e quello successivo.
Ho letto La trama del matrimonio in un fiato. Non me lo sarei mai aspettato, considerata la mole del libro (oltre 400 pagine). Ho leggiucchiato in giro anche delle critiche piuttosto marcate al romanzo, proprio dal punto di vista della “lentezza” argomentativa. Bah, può essere che sia così. Ero partito anch'io molto scettico. E poi ho capito perché. In effetti il romanzo restringe molto il suo campo di potenziali lettori. Si rivolge a una società ristretta di persone colte che possono aver condiviso storie simili. E’ una resa dei conti con il passato, insomma, che pochi iniziati possono comprendere. La messa in scena dei seminari di letteratura è deliziosa ed esilarante insieme: un ritratto feroce dello strutturalismo e della critica letteraria francese (Barthes, Derrida) che invasero i campus statunitensi portandosi dietro i danni che ben conosciamo. E poi inizia una sequenza abituale e avvolgente insieme (almeno per il sottoscritto): l’amore ai tempi delle camere di collegio; la spinta al viaggio che ti porta lontano da tutto e da tutti; le coincidenze sfortunate, che ti inducono al silenzio proprio nel momento in cui dovresti parlare (le occasioni che rimpiangerai per anni, per cui ancora adesso ti mordi le mani); la presa di coscienza che tra l’epoca dello studio e la vita adulta c’è un salto mortale che nessuno ti ha insegnato a fare.