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post di servizio.

mercoledì, novembre 26, 2008

Questo è un post che serve a qualcosa. Non è uno di quei post che scrivi perché hai qualcosa da dire di divertente, serio o encre. Non è neanche uno di quei post che scrivi perché il capo ti scrive sms minatori minacciandoti di toglierti l'account se non scrivi un post, e quanto sei stronzo se non scrivi un post, ava'.
Questo è uno strano post, un post di servizio, che serve e fa qualcosa di immediato. Questo è un post che non ha bisogno di essere letto per servire a qualcosa, infatti. Non ha bisogno di lettori muti o commentatori assetati per potersi dire pienamente riuscito, e non sarà dal piacere di chi legge che l'autore troverà soddisfazione. Ciononostante, quasi in una sorta di altruismo involontario o un piacevole effetto indesiderato, questo post finisce per far piacere anche ai lettori perché il suo servizio è di primaria importanza.
Questo è un post che ha una missione, un post missionario, di quelli che magari non rientreranno nelle pagine della storia dei post di viarigattieri, ma sarà ugualmente servito alla grandezza della stessa o almeno alla sua continuità.

Questo è il post che punta alla salvezza di questo blog, con piccoli mezzi, giocando a essere prolisso. Questo è il post che ritarda la scrittura, rallenta la lettura, ma allunga e velocizza il tempo necessario alla salvezza di questo blog.

Grazie a questo post, forse, si contribuirà a eliminare la musica d'er piotta dalla prima pagina di questo blog.

DF.

PS: che poi, in realtà, credo che il problema sia risolvibili dalle impostazioni, scegliendo il numero di post visualizzabili per pagina, ma siccome il capo dice che bisogna essere forti e non usare i mezzucci....
PPS: io però alla playstation quando ero ragazzino usavo sempre i trucchi che mi passavano i compagni di classe, quelli per avere più vite o vedere il livello segreto etc.

encre Paris!

domenica, novembre 09, 2008

Anche Parigi si esalta dei successi del rigattiere Barack oltratlantico. Due dei più giovani rigattieri hanno passato la notte alla Mairie del Terzo Arrondissement, a cercare di seguire gli exit poll in diretta (con scarsi risultati, per la verità). E l'indomani è stato tutto un parlare di espoir, changement, come voi di hope and change. Tra l'altro, data la scarsità dei nostri mezzi comunicativi (soprattutto di chi scrive) questo blog, con gli appassionati resoconti dell'ameri'ani, è stato più che mai fonte di informazioni, oltre che di gioia.
Tutti a parlare di Espoir, changement; ma anche tutti a dire C'est encre! Tutti = amicobéri. Io, che ho grande fiducia nelle capacità linguistiche sue, ho subito fatto mia l'espressione. E così, è da giorni e giorni che vado in giro a dire che ce magasin là a chose trop encre! oppure che cette soirée est vachement encre! o ancora più entusiasticamente, guardandomi Putain! je suis encre, aujourd'hui.
Io andavo così esprimendo i miei entusiasmi settimanali, e i miei interlocutori mai mi chiesero spiegazioni. Ieri, a un'altra festa cui mi sono imbucato grazie ai potenti mezzi sociali di amicobèri, ho continuato a fare largo uso dell'aggettivo, così gggiovane, così slang, che già immaginavo venire dalla peggio banlieu di Parigi. Insomma, ero fiero del mio francese così aggiornato e lo andavo così mostrando a una ragazza pariginissima dicendole qualcosa tipo c'est encre de te voir ici

o qualcosa del genere. Lei rimane interdetta, e amicobèri, dopo la partenza di quella, un po' imbarazzato di me dice: "cetto, però, puro tu. Che ci vai a dire a quella encre!"
Io sono ancora convinto dell'origine banlieusarda del termine e mi sto quasi per rispondere che effettivamente quella doveva essere una fighetta sorboniana, quando amicobèri continua spiegandomi che il termine è invenzione di amicoilfe, e non già francese ricercato o popolare.
Io rimango di sasso, lì per lì. Oggi però riflettendoci su mi dico che la verità è che il linguaggio rigattieresco è un felicissimo morbo del lessico internazionale, che invade il globo dall'Asia del lamati a vivavivall'america dei riga-foucaltiani passando per la Francia che già fu di charlie e ora bettinaggia e ocheggia. Tranne l'interdizione della francesina odiosa, infatti, nessuno ha contraddetto il mio encre, e sono quasi sicuro che anzi sia stato usato di rimando.
Non mi stupirebbe che alla prossima cappellata di Berlusconi, Madame Bruni-Sarkozy dica:
"c'est trop encre d'etre française!".

Il punto della situazione.

venerdì, marzo 21, 2008

C'è confusione, sotto il cielo di viarigattieri. Molti parlano di un vero e proprio fuggi-fuggi, che come tutti i fuggi-fuggi non può che essere un fuggi-fuggi generale.

Dove sono i rigattieri?
E gli amici dei rigattieri?

C'è chi si è laureato, lo abbiamo visto, e ha detto che sarebbe rimasto a Pisa, ma a Pisa non c'è. Si parla di fughe in Triveneto.
C'è chi dovrebbe dirigere la baracca, e invece è via da chissà quanto tempo (a Palermo? in Calabria? in Insubria?)
C'è chi ha lavoretti da fare (da far fare) in case in affitto (?) a Roma, e quindi parte sul più bello, e ora non si sa dove stia.
C'è chi dice che a Pisa, ma a Pisa non c'è, e viene accusato di essere alternativo-trasgressivo.
C'è chi accusa, per l'appunto, che dopo varie prestazioni alla consòlll partì.
C'è chi organizza tiri al bersaglio per il venerdì santo.
C'è chi FELICEmente passa la prima Pasqua in una vera famiglia, sua per giunta (anche se è presto per le uova)
C'è chi NORMALmente si vede a giro per Pisa, correre da un punto all'altro, inseguire macchine che posteggiano svizzeri, o svizzeri che posteggiano macchine; e ora tace.
C'è molly che gira per via Paoli in cerca di guai e trova solo DonFranco.
E infatti ci sono io, che venerdì prendo un treno alle 7:59, tra 6 ore&40 minuti, per raggiungere Bologna.


E poi c'è chi rende sicura la base e offre la copertura a tutte le nostre mancanze: Féràri. Gloria&Onore a lui, ché quando tutti passano, lui resta.

Passa questo mondo
passano i secoli
solo chi ama non passerà mai...

[ci facevano cantare i preti a Pasqua]


Post di servizio per superare la diaspora viarigattieresca ai suoi massimi storici:
rigattieri, dove siete?
chiunque sia un rigattiere, si senta tale o abbia notizie di un rigattiere, o sia/si senta un amico dei rigattieri dica semplicemente dov'è, e cosa fa.

yes, we k-now - considerazioni attuali

giovedì, marzo 13, 2008








antipolitica = indica genericamente l'opinione pubblica, controprova per eccellenza del corretto funzionamento democratico degli organi delegati. Si tratta dell'esercizio primo e fondante del confronto politico. Ad essa appartengono il dibattito civile e l'informazione, intese come forme di partecipazione politica, di intervento e di opinione, finalizzate ad ispirare e a controllare il legittimo svolgimento delle attività di governo. L'espressione antipolitica tende ad escludere dall'ambito politico tali forme di partecipazione e ad interpretare quello che è un flusso d'opinione fisiologico del gioco democratico nei termini di un irriducibile contenzioso tra due fazioni ontologicamente contrapposte.



Partito democratico = tautologia. Il partito è per definizione democratico. Non si dà partito se non in una democrazia. Esso può indicare solo come categoria vuota un organo totalitario e dittatoriale. Si parlerà allora di 'partito unico'. La denominazione di partito democratico suggerisce l'idea che gli altri partiti non siano democratici, e cela l'intenzione di rappresentare l'unica scelta possibile in un quadro propriamente democratico. Paradossalmente l'aggettivo democratico rincorre qui - anche se solo idealmente - il sogno totalitario del 'partito unico'.



Popolo delle libertà = Denominazione che sorge dall'inversione del concetto di 'libertà del popolo', pretendendo di voler significare la medesima cosa. L'inversione determina invece anche un capovolgimento di valori. Il nome comune 'popolo' da entità impersonale e incommensurabile, cui attiene la sovranità, si restringe all'idea di 'un certo popolo' delle libertà cui si contrapporrebbe uno contro le libertà. Per un gioco di inversioni, le 'libertà del popolo' divengono allora prerogativa di 'un certo popolo', ovvero 'libertà del popolo delle libertà', vale a dire privilegi. Più sottile ma equivalente è l'indebolimento dell'idea di sovranità, allorché viene riferita ad 'un certo popolo', in modo tale che - a maggioranza ottenuta - esso ritiene di poter assurgere alla totalità incommensurabile del 'popolo sovrano', sostituendo di fatto quest'ultimo.



Onorevole = degno di onore. Titolo onorifico, che rende per l'appunto onore a chi si sia reso 'degno di onore'. Nel contesto politico è il titolo assunto da chi è stato chiamato a legiferare. Il termine suggerisce che chi legifera sia degno della carica concessagli. Il titolo ha subìto però un processo di svuotamento fino a ridursi, a mo' dei titoli nobiliari e aristocratici, ad un vacuo appellativo privo di reale riferimento ad un'effettiva levatura morale, con la sola differenza che nel grigiore repubblicano manca perlopiù qualsiasi filtro dettato dall'etichetta o dall'educazione. Il titolo, insomma, non indica né richiede alcuna tenuta onorevole.



Deputato = incaricato, delegato. Indica persona che è stata incaricata, o deputata, a ricoprire un certo ruolo e a svolgere determinate funzioni. Rispetto a qualsiasi altro titolo esso mette l'accento sul valore di rappresentanza contro la concezione d'Ancien Régime, secondo la quale si potevano svolgere le suddette funzioni 'per grazia di Dio'. Di conseguenza, il titolo è strettamente connesso all'idea di sovranità del popolo, esprimentesi per libere elezioni di rappresentanti.



Voto = da non confondersi con il 'voto religioso', inteso o come sacrificio assunto dal fedele in cambio di beneficenza divina o come sottomissione iniziatica. In politica esso rappresenta la preferenza espressa da ciascun cittadino avente diritto a partecipare alle elezioni. In questo senso dicono bene i francesi, dotati di spirito tendenzialmente e tendenziosamente politico, riferendosi al voto in termini di 'voix', voce.



Rappresentanza = Condizione che consente di operare in vece di qualcuno. Si tratta del principio che permette a comuni cittadini di ricoprire legittimamente le funzioni di governo, in quanto delegati a ciò dal popolo sovrano tramite libere elezioni. Il concetto rischia spesso di risolversi, per assonanza, nel senso di rappresentazione, o mise en scène, riducendo a strumento scenico il principio di rappresentanza e offrendo all'elettore il ruolo di spettatore.