Premessa. Ci sentiamo un po' a disagio a confrontarci coll'amicoferi, ma qualche integrazione era necessaria per colmare alcune lacune che il suddetto ha, più o meno volutamente, tralasciato.
Capita anche, a New York, che tu arrivi all’aeroporto EWR di Nework tutta gasata perché vuoi assaporare la libertà della Grande Mela e ti senti figa fino alla riga nera dalla quale distingui bene la sagoma della pula americana che ti farà il controllo del passaporto. Fino ad allora sapevi di poter vantare una biopolitica attiva che – dicevi! – non avresti svenduto per nulla al mondo. Già, avresti resistito al potere, al controllo macchinoso della mano invisibile che vorrebbe la tua iride e il tuo ditino per controllarti meglio…ma diciamo che la resistenza è durata meno di un millesimo di secondo, nemmeno il tempo che il poliziotto biondo americano se ne accorgesse e già ti aveva scattato una bella foto con il primo piano dei tuoi occhini un po’ orientali e poi ti ha chiesto il ditino indice, sia destro che sinistro e…sì, tu avresti voluto dargli il medio, quello destro e quello sinistro, ma non lo hai fatto. Così, varcato il limite e finalmente negli States, Sylvia K ti confida lo stesso disagio di quel dito indice…Von trotta è pensierosa e ha già trovato un alibi perfetto: ora sì che potremmo essere veramente solidali coi bimbi rom, condividiamo lo stesso controllo!
Capita anche, a New York, che le “prime donne” arrivate nell’ostello di Chelsea provino ad orientarsi nell’omonimo quartiere con settecentomila guide diverse. Capita che in questo quartiere i locali con la bandiera rainbow sorgano bizzarramente quasi accanto a chiese battiste e metodiste che pubblicizzano la benedizione dei cani e dei gatti con grandi feste domenicali. Capita che a Chelsea ci siano i posti più radical/vintage/freak del mondo e puoi vedere le gallerie d’arte contemporanea allestite dentro loft che sono a loro volta opere d’arte e dove von Trotta e Sylvia K immaginano già di fare un mega festone, stile pranzo di via rigattieri.
Capita a New York che in una delle suddette gallerie, espongano, con tanto di manifesto, gli Artists for Obama e che, senza nemmeno capire se ci poteva piacere davvero, ma per puro pregiudizio estetico-politico, decidiamo insieme a Sisì e Amicoferi di entrare. Capita che Sisì si pianti 5 minuti di fronte a un quadro dai disegni geometrici che indicavano North-south-west-east e ci confessa che non capisce proprio come mai gli 883 abbiano potuto ispirare gli artisti per Obama!
Capita anche, a New York, che mentre chatti dall’ostello con amicani con tanto di telecamera lei ti dica, giustamente, di voler vedere i grattacieli. Tu provi a spiegarle che a Chelsea non ci sono i grattacieli e che le case sono tutte come quella della famiglia Robinson ma lei delusa ti dice: “Boia deh, sembra d’esse a Cenaia!”.
Capita anche, a New York, che cp femmina non solo cada in metropolitana, ma faccia dei tonfi micidiali giù dal letto a castello nelle prime ore del mattino, finendo nel letto della roommate spagnola, la quale non dà segni di vita.
Capita anche, a New York, di avere come roommates una spagnola che non esiste, due ragazze israeliane simpaticissime e tre scarafaggi alla cui vista le due israeliane simpaticissime cominciano a urlare “Cuccaracha! Cuccaracha!” (ma la spagnola non era l’altra? E comunque, neanche in questo caso la spagnola si sveglia). L’omo (amicoferi), che non vedeva l’ora di dare mostra di virilità, per smentire le illazioni dei foucaultiani che lo vorrebbero “orso”, interviene prontamente, distrugge la Cuccaracha schiacciandola con la prima suola che gli capita sottomano, mentre i foucaultiani impauriti osservano la scena eroica da fuori la finestra.
Capita anche, a New York, che a Times Square uno stra-manzo ti voglia vendere gli Obama condoms e tu, che ti sei già innamorata di lui e già stai pensando che con uno così chissenefregaseèpurebucato, gli compri anche quello della Palin.
Capita anche, a New York, che sempre a Times Square quattro franchi con un fisico da paura ballino la breakdance sul marciapiede radunando gente intorno a loro e tu batti le mani e li ami a ritmo di hip hop.
Capita anche che passa la bianca cicciona con un fisico da vera paura e si mette a sculonare tra i quattro manzoni palpando le loro parti migliori e allora tu pensi che devi cambiare dieta.
Capita anche, a New York, che con amicoferi e sisì passiamo una buona mezz’ora dentro un negozio di gio-cazzo-li, che la Mattel gli fa letteralmente una sega! Von Trotta, spinta da un desiderio di rivincita nei confronti di giocandolo che l’aveva sempre accusata di essere all’età della pietra dell’erotismo, si dirige immediatamente nel reparto donne e viene immediatamente colpita dall’elettroshock dei capezzoli e le palline vaginali, mentre Sisì e amicoferi si dirigono nel reparto gio-cazzo-li, o dildo, secondo la vulgata accademica della tesi pluripremiata di Giocandolo. Lunghi, grossi, piccini, bianchi, neri, fucsia, di ogni materiale di cui puoi sentire la consistenza su un pippolino su cui è scritto “try me”.
Capita poi, a New York, in mezzo ai giocazzoli, che l’attenzione di amicoferi venga colpita da un megamanifesto attaccato alla parete in cui si vedono muscolosi pugni di mani virili nude che attraversano cavità ancor più nude e delicate. Abbastanza basito, amicoferi cerca di condividere con noi il suo stupore e Sylvia k, convinta di poterlo illuminare in questa scoperta gli dice” Ah sì, il fist facking! Anche Foucault lo praticava!”! Con una torsione di 180°, avvenuta in meno di un secondo, amicoferi si volta verso di noi con una faccia che esprime bene l’idea di chi, in fondo in fondo, non ha fatto poi così male a scegliere di non essere foucaultiano! Se dopo questa visione, amicoferi decide definitivamente di non comprare nulla, gli altri foucaultiani, indecisi fino all’ultimo, se ne vanno comunque a mani vuote, con un certo sentimento di inadeguatezza: prezzi e dimensioni non fanno per loro.
Capita anche a New York che Von Trotta e Sisì non resistano alla tentazione di entrare dentro Godiva (una specie di Lindt americana, solo che più sensuale) per spararsi un mega fragolone transgenico tuffato in un bagno di cioccolato al latte fuso. E quando la commessa, passando il fragolone a Von Trotta le dice “Enjoy” con una voce molto calda, amicoferi si sente in dovere di fare la traduzione simultanea: “t’ha detto: godi maiala”!
Capita a New York che da Victoria's secret (una specie di Intimissimi americana, solo che più maiala) riscopri la tua femminilità e se ti capita di fare un pensierino all'altro sesso, la commessa microfonata ti urla esultante, con segnali di vittoria, "NO!! IT'S ONLY FOR GIRLS!!!!!
Capita anche, a New York, che ti senti newyorchese, esci un sabato sera nel quartiere hip di Tribeca per andare a gode e ti ritrovi in un campo di ghiaia.
Capita a New York che tutto è bellissimo e tu ami tutti, percepisci appieno il significato della parola "cosmopolita" e senti con certezza che questo paese è pronto alla grande sfida del presidente nero.
Capita anche, a New York, che alla Columbia University, al convegno sull'epistemologia storica, oratori e ascoltatori sono tutti bianchi che si fanno amorevolmente servire il tè da tre slanciate figure color "presidente".
Buon election-day a tutti!!!!!
Capita a New York che in una delle suddette gallerie, espongano, con tanto di manifesto, gli Artists for Obama e che, senza nemmeno capire se ci poteva piacere davvero, ma per puro pregiudizio estetico-politico, decidiamo insieme a Sisì e Amicoferi di entrare. Capita che Sisì si pianti 5 minuti di fronte a un quadro dai disegni geometrici che indicavano North-south-west-east e ci confessa che non capisce proprio come mai gli 883 abbiano potuto ispirare gli artisti per Obama!
Capita anche, a New York, che mentre chatti dall’ostello con amicani con tanto di telecamera lei ti dica, giustamente, di voler vedere i grattacieli. Tu provi a spiegarle che a Chelsea non ci sono i grattacieli e che le case sono tutte come quella della famiglia Robinson ma lei delusa ti dice: “Boia deh, sembra d’esse a Cenaia!”.
Capita anche, a New York, che cp femmina non solo cada in metropolitana, ma faccia dei tonfi micidiali giù dal letto a castello nelle prime ore del mattino, finendo nel letto della roommate spagnola, la quale non dà segni di vita.
Capita anche, a New York, di avere come roommates una spagnola che non esiste, due ragazze israeliane simpaticissime e tre scarafaggi alla cui vista le due israeliane simpaticissime cominciano a urlare “Cuccaracha! Cuccaracha!” (ma la spagnola non era l’altra? E comunque, neanche in questo caso la spagnola si sveglia). L’omo (amicoferi), che non vedeva l’ora di dare mostra di virilità, per smentire le illazioni dei foucaultiani che lo vorrebbero “orso”, interviene prontamente, distrugge la Cuccaracha schiacciandola con la prima suola che gli capita sottomano, mentre i foucaultiani impauriti osservano la scena eroica da fuori la finestra.
Capita anche, a New York, che a Times Square uno stra-manzo ti voglia vendere gli Obama condoms e tu, che ti sei già innamorata di lui e già stai pensando che con uno così chissenefregaseèpurebucato, gli compri anche quello della Palin.
Capita anche, a New York, che sempre a Times Square quattro franchi con un fisico da paura ballino la breakdance sul marciapiede radunando gente intorno a loro e tu batti le mani e li ami a ritmo di hip hop.
Capita anche che passa la bianca cicciona con un fisico da vera paura e si mette a sculonare tra i quattro manzoni palpando le loro parti migliori e allora tu pensi che devi cambiare dieta.
Capita anche, a New York, che con amicoferi e sisì passiamo una buona mezz’ora dentro un negozio di gio-cazzo-li, che la Mattel gli fa letteralmente una sega! Von Trotta, spinta da un desiderio di rivincita nei confronti di giocandolo che l’aveva sempre accusata di essere all’età della pietra dell’erotismo, si dirige immediatamente nel reparto donne e viene immediatamente colpita dall’elettroshock dei capezzoli e le palline vaginali, mentre Sisì e amicoferi si dirigono nel reparto gio-cazzo-li, o dildo, secondo la vulgata accademica della tesi pluripremiata di Giocandolo. Lunghi, grossi, piccini, bianchi, neri, fucsia, di ogni materiale di cui puoi sentire la consistenza su un pippolino su cui è scritto “try me”.
Capita poi, a New York, in mezzo ai giocazzoli, che l’attenzione di amicoferi venga colpita da un megamanifesto attaccato alla parete in cui si vedono muscolosi pugni di mani virili nude che attraversano cavità ancor più nude e delicate. Abbastanza basito, amicoferi cerca di condividere con noi il suo stupore e Sylvia k, convinta di poterlo illuminare in questa scoperta gli dice” Ah sì, il fist facking! Anche Foucault lo praticava!”! Con una torsione di 180°, avvenuta in meno di un secondo, amicoferi si volta verso di noi con una faccia che esprime bene l’idea di chi, in fondo in fondo, non ha fatto poi così male a scegliere di non essere foucaultiano! Se dopo questa visione, amicoferi decide definitivamente di non comprare nulla, gli altri foucaultiani, indecisi fino all’ultimo, se ne vanno comunque a mani vuote, con un certo sentimento di inadeguatezza: prezzi e dimensioni non fanno per loro.
Capita anche a New York che Von Trotta e Sisì non resistano alla tentazione di entrare dentro Godiva (una specie di Lindt americana, solo che più sensuale) per spararsi un mega fragolone transgenico tuffato in un bagno di cioccolato al latte fuso. E quando la commessa, passando il fragolone a Von Trotta le dice “Enjoy” con una voce molto calda, amicoferi si sente in dovere di fare la traduzione simultanea: “t’ha detto: godi maiala”!
Capita a New York che da Victoria's secret (una specie di Intimissimi americana, solo che più maiala) riscopri la tua femminilità e se ti capita di fare un pensierino all'altro sesso, la commessa microfonata ti urla esultante, con segnali di vittoria, "NO!! IT'S ONLY FOR GIRLS!!!!!
Capita anche, a New York, che ti senti newyorchese, esci un sabato sera nel quartiere hip di Tribeca per andare a gode e ti ritrovi in un campo di ghiaia.
Capita a New York che tutto è bellissimo e tu ami tutti, percepisci appieno il significato della parola "cosmopolita" e senti con certezza che questo paese è pronto alla grande sfida del presidente nero.
Capita anche, a New York, che alla Columbia University, al convegno sull'epistemologia storica, oratori e ascoltatori sono tutti bianchi che si fanno amorevolmente servire il tè da tre slanciate figure color "presidente".
Buon election-day a tutti!!!!!
Comments
3 Responses to “Capita a NY #2 (gender version)”
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ci sentiamo in dovere di ringraziare sentitamente le nostre gender inviate, e rassicurarle sul fatto che il loro post è bellissimo e non demerita affatto!
03/11/08, 18:18d'altro canto il post di ferari, come voi avete attentamente evidenziato, era talmente bello da "tralasciare ogni lacuna": grazie per averlo ribadito ancora una volta.
ma questo è un post a quattro mani...o anche sei...o otto...
03/11/08, 20:36hei, ferry-boat (sì, lo so: sarai sicuramente dimagrito dopo la retching session and the Montezuma's revenge...ma ormai il nick era stato creato, pertanto don't nark, be stark)...dicevo: hey ferry-boat! ma com'è 'sta storia delle lacune? chi le lascia, chi le colma, chi le tralascia...qua urge un intervento!
il serait temps qu'un commissaire de la république des lacunes négligé nous imposât une terminologie cohérent!
no, ragazzi, dai.. Foucault! quel Foucault! ... non ci posso credere..
05/11/08, 12:09Happy
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