Quando ero un giovane erasmus scrissi un racconto dal titolo (un grande titolo) “Teoria implausibile sul ritardo dei treni”, di cui non svelo il contenuto ma che potrete trovare nelle migliori librerie tra un’ottantina d’anni, quando pubblicheranno l’edizione critica dei miei scritti giovanili. Per ora basti sapere che l’avevo scritto in odio all’associazione a delinquere targata FS.
Anche oggi, dopo che mi hanno regalato un ritardo di 5 ore (5 ore), grazie al quale ho mancato la cerimonia di commemorazione del mio maestro, sento un odio analogo, ma non voglio parlare di quello (molti di voi hanno ricevuto le mie madonne già via sms). Ma di un piccolo aneddoto, con questione politico-morale annessa.
Ero salito sul treno (già in ritardo di un par d’ore) senza biglietto (chiedendo se potevo salire ad un controllore italiano, che mi sbologna ad un altro controllore italiano, che mi mette nello scompartimento con una coppia, di cui, per motivi di bon ton, non dirò che era di colore). Facciamo conoscenza: io pesto un piede alla signora, le dico, internazionalmente, “Sorry” e lei mi dice “Comprend pas l’italien”. Poi mi seggo, scopro che sono diretti a Napoli (“Vacanze?”, “No andiamo a comprare scarpe e borse” (tarocche) “che a Napoli costano meno che dai cinesi”. È sempre lei a parlare, lui ride continuamente, che sembra non sia mai stato così felice). Continuiamo a parlare, e lei ce l’ha parecchio con i treni italiani, sempre in ritardo, e ne parla anche con un certo astio, venato forse di un nonsocché di razzistico.
Poi arriva il controllore. Giovane, capello alla Cristianoronaldo e orecchino. Ci dice (in italiano, e magicamente anche la coppia comincia a capirlo): “il biglietto sarebbe cento e trenta euro” (in realtà, secondo internet, 125, ndr), “sennò, senza biglietto sono cento euro”. “Cioè senza biglietto?”, chiedo. “Nel senso che devo controllare io e non ve li controllo”. E con i vostri trecento eurini me ce compro l’aipod nuovo, pensa, senza sapere che io leggo nel pensiero. “Cioè? Irregolare?” articola il tizio che è con me nello scompartimento, finalmente in pausa dal riso. “Cioè che risparmiate 60 euro ‘n due. Capisci?”. Lui capisce subito. Io resisto: “Ho solo il bancomat. Ti posso pagare col bancomat?”. Lui non capisce che lo sto provocando: “eh, logicamente no. Puoi provare ad andare al bar, e sentire se ti fanno pagare col bancomat in cambio di contante”. “No guarda, prendo il biglietto normale”. Lui è dispiaciuto, ma è un signore: “Allora te metto in cabina da solo, così” aggiunge quando siamo in corridoio “non te tocca sta’ co’ ‘sti due”.
Dopo un po’ rientra, seguito dal controllore francese (quello che mi fa pagare il biglietto e non il suo parrucchiere) e, faccia come il culo, dice “Ahò, ce l’ho fatta a strapparti uno sconticino comunque: sono 125 euro”. (il lettore attento avrà notato l’incongruenza).
Alle 9.30, poi, viene a riportarmi il documento. Senza che io gli chieda niente mi dice: “Per le 10 siamo a Firenze”. Erano le 12.21, quando siamo arrivati.
PS. E per concludere, come faceva Esopo, la morale (però interrogativa, che siamo gente moderna): lo dobbiamo denunciare questo tizio? E soprattutto, sarebbe di sinistra denunciarlo? Io un’idea me la sono fatta.
Anche oggi, dopo che mi hanno regalato un ritardo di 5 ore (5 ore), grazie al quale ho mancato la cerimonia di commemorazione del mio maestro, sento un odio analogo, ma non voglio parlare di quello (molti di voi hanno ricevuto le mie madonne già via sms). Ma di un piccolo aneddoto, con questione politico-morale annessa.
Ero salito sul treno (già in ritardo di un par d’ore) senza biglietto (chiedendo se potevo salire ad un controllore italiano, che mi sbologna ad un altro controllore italiano, che mi mette nello scompartimento con una coppia, di cui, per motivi di bon ton, non dirò che era di colore). Facciamo conoscenza: io pesto un piede alla signora, le dico, internazionalmente, “Sorry” e lei mi dice “Comprend pas l’italien”. Poi mi seggo, scopro che sono diretti a Napoli (“Vacanze?”, “No andiamo a comprare scarpe e borse” (tarocche) “che a Napoli costano meno che dai cinesi”. È sempre lei a parlare, lui ride continuamente, che sembra non sia mai stato così felice). Continuiamo a parlare, e lei ce l’ha parecchio con i treni italiani, sempre in ritardo, e ne parla anche con un certo astio, venato forse di un nonsocché di razzistico.
Poi arriva il controllore. Giovane, capello alla Cristianoronaldo e orecchino. Ci dice (in italiano, e magicamente anche la coppia comincia a capirlo): “il biglietto sarebbe cento e trenta euro” (in realtà, secondo internet, 125, ndr), “sennò, senza biglietto sono cento euro”. “Cioè senza biglietto?”, chiedo. “Nel senso che devo controllare io e non ve li controllo”. E con i vostri trecento eurini me ce compro l’aipod nuovo, pensa, senza sapere che io leggo nel pensiero. “Cioè? Irregolare?” articola il tizio che è con me nello scompartimento, finalmente in pausa dal riso. “Cioè che risparmiate 60 euro ‘n due. Capisci?”. Lui capisce subito. Io resisto: “Ho solo il bancomat. Ti posso pagare col bancomat?”. Lui non capisce che lo sto provocando: “eh, logicamente no. Puoi provare ad andare al bar, e sentire se ti fanno pagare col bancomat in cambio di contante”. “No guarda, prendo il biglietto normale”. Lui è dispiaciuto, ma è un signore: “Allora te metto in cabina da solo, così” aggiunge quando siamo in corridoio “non te tocca sta’ co’ ‘sti due”.
Dopo un po’ rientra, seguito dal controllore francese (quello che mi fa pagare il biglietto e non il suo parrucchiere) e, faccia come il culo, dice “Ahò, ce l’ho fatta a strapparti uno sconticino comunque: sono 125 euro”. (il lettore attento avrà notato l’incongruenza).
Alle 9.30, poi, viene a riportarmi il documento. Senza che io gli chieda niente mi dice: “Per le 10 siamo a Firenze”. Erano le 12.21, quando siamo arrivati.
PS. E per concludere, come faceva Esopo, la morale (però interrogativa, che siamo gente moderna): lo dobbiamo denunciare questo tizio? E soprattutto, sarebbe di sinistra denunciarlo? Io un’idea me la sono fatta.