A 24 - La strada dei parchi. Ovvero: sentirsi Nazione oggi.

lunedì, aprile 06, 2009

Quando ho aperto gli occhi pensavo fosse uno dei miei soliti risvegli notturni, di quelli che intervallano tutte le mie notti e che si concludono con un sorso d'acqua e una giravolta sul letto. È bastato chiudere gli occhi e riaprirli per capire che il risveglio era provocato, ma è stato solo quando d'istinto mi sono ritrovato in piedi davanti alla porta che in testa mi è passata la parola terremoto. Non ricordo di aver avuto davvero paura: non c'è stato il tempo, forse. Ricordo però di essermi stupito più per il rumore che per l'oscillazione di tutta la stanza. Quando ha rallentato e poi smesso ho guardato l'ora: 3.39 [tengo sempre l'orologio avanti, per evitare i ritardi che faccio ugualmente]. Mi affaccio alla finestra e come me tutta via Giovanni Lanza, qui a Roma. Di fronte una famiglia di quattro persone sembra chiedersi come me cosa bisogna fare. Uscire di casa? Gli invidio la televisione e la compagnia e mi rimetto a letto.
Stamattina quando la sveglia è suonata ci ho subito ripensato, ma è stato solo dopo la telefonata di mia madre che ho realizzato che la scossa della notte non era un aneddoto delle mie vacanze romane.
Mi lavo, vado al bar e mi pianto davanti a skytg24, e scopro che esistono le città di Onna, Paganica, Fossa, Villa Sant'Angelo, e sento crescere il numero di quelli che non esistono più (dai 15 di stamattina ai 150 di poco fa).
Esco dal bar, entro in archivio. Esco dall'archivio, cerco ancora il bar, ma prima gli occhi cadono su un cartello stradale: A24 - L'Aquila. Neanche sentire e vedere le pareti del mio B&B tremare mi aveva fatto capire quanto fossimo vicini, io e loro, voi, noi.

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One response to “A 24 - La strada dei parchi. Ovvero: sentirsi Nazione oggi.”
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capo ha detto...

innanzitutto: grazie. è difficile commentare un post come questo, ma non va lasciato in bianco (forse interpreto i sentimenti di molti, forse no). ad oggi, 207 i morti. ma più che le cifre, all'interno delle quali si rischia di perdersi, o di dirle senza nemmeno capire bene cosa si fa, bisognerebbe nominare le persone, o nominare i paesi distrutti, come hai fatto tu. 207 nomi uno di seguito all'altro rendono già di più l'idea di quello che è successo, che io personalmente non riesco bene a figurarmi. o ancora si potrebbero fare altre cose, per evitare l'abitudine al disastro che la televisione e l'informazione rischiano di imporci - mutatis mutandis mi viene in mente quello che l'artista cileno Alfredo Jaar ha fatto per il genocidio ruandese, scatole nere sigillate ermeticamente all'interno delle quali sono contenute le foto delle persone uccise e al di sopra delle quali, unica cosa visibile a chi guarda le scatole, è scritta la loro storia: chi erano, cosa facevano, come sono morti. per evitare il rischio di riduzione dei morti a meri numeri, e dei numeri a mere immagini di macerie. i nomi, o le storie, sono cose ben diverse. e i racconti come questo che tu hai fatto, a me almeno, servono anche ad uscire dalla dimensione telegiornalesca all'interno della quale mi pare sempre e solo di vivere tragedie come questa. (volevo essere più leggero ma come si fa? però volevo).

07/04/09, 16:03