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NRL IV - Yeti

venerdì, giugno 11, 2010



Ho letto da qualche parte - forse su anobii - che finalmente si inizia a parlare della generazione nata negli anni '80, la nostra, quella che appunto non è che ci sia stato gran motivo di parlarne finora. Mi sa che Paolo Nori nel suo ultimo romanzo fa un'analisi delle ragioni per cui le generazioni sono famose o hanno un senso, ma credo anche che si fermi alla sua, quella degli anni '60. E allora se già quella è impietosa figuriamoci la nostra: perchè loro sono cresciuti nei famigerati anni '80, e noi che ci siamo nati, che cosa siamo?

Questo fumetto di Alessandro Tota racconta un po' come siamo, per lo meno come è gente come me o vicina a me, e cioè quella generazione che si ritrova spesso lontana dal posto in cui è nata ma senza una ragione particolare, non perchè ce ne fosse una vera necessità, così, spesso per avere più chance. Si dice che siamo una generazione di emigranti di lusso. Beh, sì, finché uno sceglie di partire (e la maggiorparte sceglie di partire), un po' meno quando poi non scegli di dover rimanere fuori perchè da noi non c'è che fare.

La nostra generazione di emigranti di lusso si inventa un po' cosa fare, cazzeggia, vivacchia (anche bene, per carità), gira, non si ferma, non ci pensa, poi si vedrà. Mica c'è la pressione di quelli che cercavano qualunque lavoro perché dovevano alimentare la famiglia. Noi siamo cool, la famiglia non ce la facciamo, non ci pensiamo, ci troviamo un lavoro temporaneo che tanto non è che abbiamo tante pretese e viviamo anche con abbastanza poco (di lusso sì ma insomma con criterio), abbiamo le crisi, prima crisi, seconda crisi, sono in crisi, oddio che faccio, boh, cambio città. 

Che sì, per carità, è meglio degli emigranti delle valigie di cartone, ci mancherebbe altro, fai cose vedi gente (noi Moretti lo sappiamo a memoria), però un po' ogni tanto fai 2+2 e ti senti un po' sperso, e non ci pensi: andiamo avanti! E io non la cambierei mai l'emigrazione di lusso con l'emigrazione di poveracci, ma mai, e infatti che palle quelli che si lamentano (e infatti noi ci abbiamo le crisi psicologiche mica quelle di appetito; però alla fine dai, mica le crisi psicologiche sono tanto meglio), però effettivamente se ci pensi un attimo - al di là dell'ottimismo che rivolgi alla tua vita, alle scelte che hai fatto, a come e dove vuoi vivere al di là di qualunque modello prestabilito (magari fosse contro, i nostri contro sono sempre molto blandi) - il rischio è un po' quello di svegliarsi tra qualche tempo e dire: e mò? e mò sò cazzi, per molti.
 
Mica per tutti, ci mancherebbe. Per noi no (ottimismo rivolto alla propria vita: sempre! è la nostra forza). Però non è manco detto. Ma alla fine, nonostante tutto, quanto ci piace sguazzare nel precariato di lusso?