Ieri pomeriggio, sdraiato sul divano, cercando di fare una penni, guardavo una partita di tennis (Wimbledon, Serena Williams contro non so più chi). Per la verità, non è che proprio seguivo attentamente, ogni tanto mi calava la palpebra e ogni tanto la riaprivo, risvegliato più spesso da qualche urletto di rovescio incrociato piuttosto che dall’interesse per il punteggio. Insomma, per farla breve: ero in quella fase meravigliosa che si chiama dormiveglia (con parola un po’ troppo piana, per la verità.. ho controllato, in tedesco si dice Daemmernzustand, “stato di crepuscolo”.. è inutile, il tedesco non lo batte nessuno..). Io, che sono la persona meno creativa del mondo, ecco, per me il dormiveglia è, non dico un momento produttivo, ma comunque forse l’unico momento della giornata in cui mi vengono in mente quelle 2 o 3 idee quotidiane che mi permettono di sbarcare il lunario e rimanere in rapporti più o meno stabili con la mia idea di me stesso. Per capirci: ieri notte in un lungo crepuscolo ho scritto le prime pagine della mia tesi di dottorato, e mi sono anche venute bene. Peccato non avere un’uscita usb, che ne so, sulla nuca. Comunque, dicevo, ero in dormiveglia, e dopo un urletto da rovescio incrociato di Serena andato a buon fine ho faticosamente scalato la palpebra, e mi è caduto l’occhio su un raccattapalle. Sapete come sono piazzati i raccattapalle in un campo da tennis, no? Due stanno sulla rete, pronti a recuperare le palle troppo basse, mentre gli altri stanno in fondo al campo, gambe larghe, mani dietro la schiena, impegnati a incastrare fra le dita della mano sinistra tutte le palle che ci stanno, e ad alzare sopra la testa la mano destra in cui una palla è sempre pronta a finire sulla racchetta del tennista di turno. Ora, si tratta chiaramente di un lavoro infame, ma veramente veramente infame; non sapete quanto spesso i giocatori sbaglino e tirino sulla rete, che tanto quanto, né soprattutto quante palle rifiutano, per ragioni tanto misteriose quanto infamanti per i poveri raccattapalle, che si ritrovano spesso oggetto di un ostracismo incomprensibile - ho visto giocatori di tennis indicare un raccattapalle con la mano e fargli cenno di no, come a dire: da te non accetterai neanche delle scuse, figuriamoci una palla. Comunque, dicevo, apro gli occhi e vedo questo raccattapalle, uno di quelli che sta sulla rete, che per arrivare su una pallina un po’ troppo lontana si era dovuto spostare sino alla linea di fondo, e da lì non poteva più tornare indietro, ché era tardi, il gioco stava per ricominciare, e allora se n’è andato in fondo, il poveretto, e si è messo vicino ad una raccattapalle, una di quelle di fondo. E si sono girati a guardarsi. E si sono sfiorati i gomiti. E si sono visibilmente imbarazzati. Non riuscivano più a trovare la posizione giusta, erano indecisissimi su come dovevano stare! Ora le braccia si toccano, poi un altro sguardo, poi un sorriso, o così mi è parso. Ho richiuso gli occhi, ho cominciato a pensare alla storia d’amore tra raccattapalle, una storia d’amore difficile, perché vi voglio vedere io a comunicare in un campo da tennis, contando che puoi solo correre, prendere palle e lanciare palle. Ho immaginato che per dirsi il loro amore potessero, che ne so, passarsi le palle sempre solo fra di loro, oppure magari scriversi messaggi d’amore sulle palle. Poi mi sono annoiato del loro amore – l’amore mi annoia in fretta – e ho cominciato a pensare, più in generale, a tutti i dimenticati dello sport, quelli che senza non si potrebbe fare ma poi alla fine tutti si dimenticano che ci sono. Passi il caddy nel golf, che tanto quanto, non porta mica solo le mazze, spesso consiglia anche quale usare, e posiziona la pallina sul tee e il tee sul green di partenza.. insomma, è uno che partecipa! Ma prendete invece, che ne so, quei tre poveretti con gli spazzoloni giganti che lucidano i campi di pallavolo durante le pausa: chi sono? Che vita vivono? come sono arrivati a fare gli spazzolatori di campi di pallavolo? I giocatori gli daranno una pacca sulla spalla per ringraziarli, ché altrimenti dovrebbero gettarsi in continuazione sul loro sudore, che se non sei “sudato82” ti può pure dare fastidio? Oppure prendete i barellieri nel calcio: da dove arrivano? Saranno infermieri qualificati o sono 2 sfigati con le pezze al culo raccattati a caso prima della partita? Mentre oramai mi addormentavo, mi sono immaginato una partita di calcio giocata dai dimenticati, dagli invisibili indispensabili dello sport: e ho visto cose che non potete neanche immaginare. Ho visto gli spazzolatori di campi di pallavolo fare dei tackle da manuale – che difensori! – e i barellieri coprire la porta con la loro barella, e i raccattapalle… beh, correre, correre sempre, inginocchiarsi un attimo e poi correre ancora, e andare incontro alla palla per prenderla con le mani, alzarla sopra la testa con la mano destra e passarla i barellieri, che la respingono in campo con la loro barella. Purtroppo, l’ennesimo urletto di Serena mi ha svegliato, definitivamente. E allora, ripensando ai miei poveri dimenticati, ho capito che, a pensarci bene, noi che seguiamo il mondiale di calcio, che il ruzzino ci costringe a seguire il mondiale di calcio, siamo un po’ come loro: sia perché non giochiamo mica, noi; sia perché, a guardarci bene, corriamo da una parte all’altra, e ci sbattiamo e vogliamo fare parte di una partita che poi, alla fine, neanche possiamo vedere, visto che la Rai e Mediaset si sono dimenticate di comprare i diritti. Siamo dei raccattacalcio, insomma, e anche noi siamo stati dimenticati. E questo non si fa.
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(r)i gatti ruzzi X - raccattacalcio
domenica, giugno 27, 2010
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(r)i gatti ruzzi - III
domenica, giugno 20, 2010
Io questo mondo non lo capisco. E vabbè, sarò pure cretino, ma non lo capisco. Ora, lo so che mi verrete a dire che scopiazzo malamente lo stile degli altri, ma ho già detto che sono cretino, quindi via con le domande:
DOMANDA N° A: com’è che esistono persone che non odiano le vuvuzelas? (Per chi ancora non la conoscesse: http://it.wikipedia.org/wiki/ Vuvuzela) Oh, qui in Italia non si parla d’altro eh! Cioè, nel senso, forse io, a cui dà fastidio qualsiasi tipo di rumore più forte dello sfogliare del giornale, non sono un soggetto imparziale, ma rimane il fatto che oh, porca miseria, dà veramente fastidio guardarsi una partita con sto barrito di sottofondo... eppure, guardate un po’, il telegiornale ci racconta di file chilometriche, a Milano – dove notoriamente quando non lavorano non sanno che fare – per acquistare questo insopportabile oggetto del desiderio, manco fosse un’i-pad (consigliatissimo come regalo di compleanno per il sottoscritto, a cui peraltro, non avendogli voi mai fatto un regalo di compleanno, risulterebbe quanto mai gradito!).
DOMANDA N° B: Perché in Italia non si vedono le partite del mondiale? Cioè, l’italiano vive il calcio tutto l’anno, parla il calcio tutto l’anno, respira il calcio tutto l’anno, però non può vedere il calcio più importante dell’anno… anche perché il mondiale non è solo calcio, lo sanno pure i bambini, è una cosa che unisce i popoli: pensate, ad esempio, che per la prima volta dopo chissà quanto tempo, 23 koreani del nord e 23 koreani del sud si ritrovano all’interno dei confini di uno stesso Stato senza minacciare una guerra atomica. Vi sembra cosa da poco?
DOMANDA N° C: com’è che vengo in Sardegna per andare al mare, e piove? Cioè, si, va bene, c’è anche il sole, ma piove, porca miseria… che, si fa così? Dov’è il mio sabato pomeriggio estivo pieno di sole abbronzante e partite a racchettoni sulle rive del Mare Nostrum (ma soprattutto Mium)? O forse è tutta una tattica (ovviamente inutile) per farmi studiare?
Ora, continuo a ripeterlo, sarò cretino eh, ma secondo me il ruzzino è una grande risposta a queste domande! Il ruzzino, che grande gioco... il ruzzino ti fa ritornare la voglia di vedere le partite nonostante le vuvuzelas – perché infatti che ti frega delle vuvuzelas quando la Nuova Zelanda segna al 93esimo contro la Slovacchia regalandoti il risultato scommesso, ché anzi correresti subito a Milano a fare la coda per comprarne una? Il ruzzino ti costringe a cercare disperatamente un programma di streaming su internet per vedere come finirà Ghana-Australia – partita inutile, che mai ti saresti sognato di vedere se non avessi scommesso sul pareggio per 1-1 fra due nazioni che non hai mai cagato di striscio ma che adesso ami da impazzire perché in effetti hanno pareggiato 1 a 1, capendo che chi s’accontenta gode (e fa gode Ciccì). Il ruzzino, infine, ti fa dimenticare e anzi quasi apprezzare di non essere andato al mare nel tuo primo sabato estivo, regalandoti la gioia di un balzo in avanti di 207 posizioni in classifica… perché oh, diciamolo, il mare è bello eh, ma che soddisfazione sarebbe raggiungere Incostanza?
Ora, anche se il post sarebbe finito qui, mi permetto di aggiungere un’ultima domanda, che non c’entra niente ma mi ci sto arrovellando da un’oretta.
Perché ieri muore Saramago – vorrei fermarmi qui – e oggi l’unica voce che lo ricorda di cui si parla è quella dell’Osservatore Romano? Il quale prima lo definisce “un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica”, come se non fosse un complimento, per dargli poi del “populista estremistico”, che definirebbe piuttosto Bossi, ovvero l’italiano medio. Ora, sarò cretino come dicevo, ma temo che, a quest’ultima domanda, risposta non ce ne sia punta.
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