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Proposte di alternativa: l’ego scriptor e la terza via

mercoledì, settembre 01, 2010




Chiedere a uno scrittore di entrare a far parte di un movimento organico è chiedere troppo.
Non esiste in natura. Lo scrittore si palesa infatti nel mondo come esemplare patologico di egocentrismo: declinato nella modalità “diva” se ha successo e nella modalità “recluso” se introverso e di scarsa presa sul pubblico. Rarissimi sono i casi di romanzieri e poeti che riescono a condurre un’esistenza normale.
La querelle agostana sul caso Mancuso-Mondadori ne è stata la dimostrazione ulteriore.
Gli interventi di livello sono stati pochissimi e comunque quasi tutti segnati dall’adagio autoassolutorio: “io faccio così perché...”, “io?! e perché dovrei andarmene proprio io?...”, “e io che c’entro?”, e così via.
Come se fosse impossibile, per uno scrittore italiano, trovare valide argomentazioni che superino il proprio contratto editoriale o quello del suo vicino (più alto o in basso in classifica).
Una simile povertà contenutistica del dibattito ha avuto anche altri effetti secondari:
-          una generale morigeratezza dei toni: quasi tutti (Giornale e Libero esclusi, savasans...) hanno infilato guanti di velluto; strano, per un Paese dove appena si può ci si accoltella fra contradaioli di opposte fazioni...
-         la perdita di vista dei dettagli: pochissimi interventi ben documentati, tutti hanno tirato dritto seguendo la vulgata di Repubblica, nessuno che ha messo in campo il vero tema (le proprietà delle case editrici: e sarebbero dunque venuti fuori i problemi di indipendenza di Rcs, la dittatura distributiva di Messaggerie e Feltrinelli, etc.).
-         la mancanza di un discorso strutturale del settore editoriale: e qui, scusate, ma va dato atto a questo luogo di cazzeggio metafisico di essere intervenuto su un “vuoto” nazionale... mica cotica...
Insomma, gli scrittori, per piacere, lasciamoli fare da soli. Non si può pretendere troppo da loro.

Dopo questa panoramica (o questo sfogo, come volete), vorrei prendermi un po’ di spazio per lanciare un tema serio. Che va in una direzione diversa rispetto alla proposta di alternativa lanciata qualche giorno fa. Che non coinvolge gli autori e nemmeno i grandi gruppi.
Ma si rivolge ai piccoli. Ai nuovi e vecchi piccoli editori, a quelle realtà che spesso riescono a pagare a stento i diritti ai propri autori.
In un mercato ristretto, dove ci sono pochi attori che monopolizzano prezzi e fatturati, le realtà piccole o minuscole vanno incontro a due strade, di solito: 1) sopravvivere all’interno di una nicchia dignitosa, oppure 2) scomparire dentro un grande gruppo non appena diventano interessanti economicamente (o falliscono, purtroppo). Sì, perché la selezione naturale avviene, in economia, o per acquisizioni dall’alto o per fallimento dei competitors che non riescono più a stare sul mercato.
E se ci fosse una terza via?
Mettiamo, per ipotesi, che alcune piccole editrici di talento e dal catalogo affine decidano di unire le forze. Diventare più grandi per aggregazione spontanea. Si diluirebbero i costi e si sommerebbero copie e fatturati.
Pensateci: in Italia esistono circa 2600 case editrici, che si spartiscono una torta da 3,5 miliardi di euro (dati Aie 2009).
Un mercato piccolissimo, asfittico. Se considerate che Mondadori e Rcs insieme fanno 700 milioni l’anno... pensate che tutti gli altri si devono spartire il resto...
L’alternativa a un mercato oligopolistico potrebbe esistere. Basterebbe mettere il naso fuori dalle rispettive parrocchie e unire le forze. Soltanto dei piccoli editori “più grandi” (perdonatemi il bisticcio) potrebbero iniziare a scalfire le mura della fortezza: prezzi, distribuzione, catene librarie.
Dei piccoli in grado di contendersi gli autori migliori e iniziare a imporre nuove condizioni al mercato.

caso mondadori e proposte di alternativa 2

mercoledì, agosto 25, 2010

Provo a spiegarmi. 

Metti che Ascanio Celestini decidesse, solo per il suo prossimo libro, di adottare una piccola casa editrice di ricerca che si chiama Titivillus, viene dalla provincia toscana e si occupa con attenzione e originalità di teatro. Metti che Camilleri decidesse (finalmente) di fare di Ingrid la protagonista di un romanzo tutto suo, e proponesse a Iperborea di pubblicarlo. Metti che Saviano il suo prossimo romanzo lo pubblicasse con :duepunti, che in terra di mafia ha creato una casa editrice che guarda all'Europa e oltre (e infatti ha preso un Nobel nello stupore dei colossi, che si sono svegliati solo dopo). E così via e così via (esempi casuali sulla base delle limitate conoscenze di chi scrive, certi che si possano moltiplicare). Non è che troveremmo i libri di questi piccoli editori su tutti gli scaffali dei supermercati, probabilmente no. Però magari qualcosa cambierebbe, nella concezione della distribuzione (e dunque dell'esistenza) dell'editoria in Italia. O meglio: qualcosa sarebbero costretti a cambiarla. E questo sì che sarebbe uno scrupolo morale serio, che gli intellettuali potrebbero forse cominciare a porsi pubblicamente.


caso mondadori e proposte di alternativa

domenica, agosto 22, 2010

Cari autori del gruppo Mondadori,

sono un vostro lettore, e vorrei approfittare degli scrupoli che hanno spinto Vito Mancuso a scrivervi ieri su Repubblica per sottoporvene qualche altro, in vista di una discussione su argomenti che riguardano voi tutti. Riguardano noi tutti, se mi permettete, perché il vostro sostegno è anche il nostro, che leggiamo, discutiamo e quindi compriamo i vostri libri. I suoi scrupoli possono essere occasione di manifestare i nostri: diversamente, è chiaro, non per questo in maniera meno decisiva.

Viviamo in un paese in cui la garanzia dei diritti, personali e non, è sempre più messa in discussione da continui tentativi di delegittimazione del potere giudiziario da parte dell'esecutivo, che rischia di spingere chi ha un'idea politica diversa a schierarsi in maniera acritica con le forze inquirenti e giudicanti dimenticando troppo spesso la fondamentale presunzione di innocenza che è alla base di qualunque idea giusta di diritto. Ma il caso Mondadori, da un punto di vista giudiziario, deve solo essere una base per una riflessione più ampia.

Io non ho risposte, caro Mancuso, ma una proposta sì: una proposta tangibile, che non condanni nessuno prima dell'accertamento dei fatti, ma che possa avere un senso da un punto di vista più generale, per la vita culturale del paese. Inutile ripetere qui i meriti di Mondadori e del suo gruppo, che sono evidenti. Più sensato ragionare sul fatto che l'esistenza di pochi immensi gruppi di potere impoverisce di fatto la pluralità di voci all'interno di un paese. Voi siete i più grandi autori della più grande industria culturale del paese. Pochi mesi prima di morire, per ragioni sulla cui validità ciascuno può avere la sua opinione, Saramago decise di abbandonare Einaudi per Feltrinelli, con un gesto politico che certo si poteva permettere e che tuttavia non ha nulla di scontato. Ma ha lasciato una grande industria per un'altra (più piccola ma sempre) grande industria.

Perché la vostra non abbia l'apparenza di una querelle estiva che lascia il tempo che trova, fate un gesto concreto: che non sia volto a danneggiare Mondadori, ma che possa incidere su un'idea di oligopolio culturale che, in fin dei conti, può essere solo un bene cominciare a rimettere in discussione. Approfittate dei vostri scrupoli per adottare una piccola casa editrice. Sparigliate. Per una volta, per il vostro prossimo libro, e senza nessuna decisione definitiva: permettete ad alcuni piccoli editori, penalizzati dall'oligarchia editoriale e distributiva, di tirare un sospiro di sollievo, trovare uno spazio nelle librerie, provare a mostrare più apertamente il proprio catalogo e così via. Schieratevi non contro Mondadori, ma contro un andazzo di politica culturale in Italia. Chi, se non voi? Avrete tutto il tempo poi di stabilire se la vostra decisione sarà stata giusta o sbagliata: ma di certo avrete contribuito a una botta di vita che, mi permetto di credere, potrà solo fare del bene: anche a Mondadori.


Io penso che...

martedì, gennaio 26, 2010

..., ma è un'opinione del tutto personale e che so non condivisa da altri rigattieri, che più continua il massacro a Paolo Nori sul manifesto, più mi convinco delle sue ragioni, e del coraggio delle sue azioni contro un certo fastidiosissimo conformismo di sinistra.

non perché collaborare a Libero sia la migliore delle idee possibili: ma perché il tono delle repliche, le argomentazioni per nulla convincenti degli oppositori mi convincono sempre di più della forza della decisione di Nori, in barba alle ortodossie e alle presunte appartenenze (di casta più che di classe).

questo qualunque sia la sua decisione d'ora in poi, e comunque vada a finire questo affaire.

l'ho detto.

il capo