È stato CarloCò a incendiarmi le meningi con un’illuminazione improvvisa.
Su Facebook si stava cazzeggiando di Dawson’s Creek, uno dei telefilm più idioti che la tv americana abbia mai prodotto.
Sbertucciando l’espressione totalmente inebetita del protagonista (vedi foto), interpretato dal mono-faccia James Van Der Beek, sono stato sopraffatto dall’illuminazione di cui sopra.
Ho pensato: ma questo qui è veramente un fesso!
E con questo, direte voi. Sembra una banale constatazione. In realtà, secondo me, c’è di più.
Insomma, il fatto che il protagonista di un serial sia riconosciuto da tutti come il più cretino della combriccola è piuttosto strano.
In teoria, dovrebbe essere l’opposto: il protagonista è fico e intelligente, mentre fra i comprimari si aggirano mediocri, sfigatoni, nerd ultimo stadio.
A Dawson, invece, fanno di tutto: gli fregano la donna sotto gli occhi, lo pigliano per il culo, gli amici tradiscono la sua amicizia... E lui resta sempre lì, con quell’espressione tra l’addolorato e chi sta iniziando a realizzare (ma è un luccichìo breve nel buio della corteccia celebrale...) che se l’è presa metaforicamente nello stoppino.
Insomma, come dicevo all’ottimo CarloCò, trattasi di un "monstrum" narratologico.
In letteratura, accade assai di rado. Anzi, non mi viene in mente un testo in cui il protagonista sia, al tempo stesso: cretino, antipatico e inetto. Attenzione, notate: in contemporanea. Può essere magari cretino, ma allora presenta sicuramente una qualità che ce lo rende “leggibile”, come la bonomia, la comicità involontaria, la sfiga esistenziale...
Madame Bovary è scema come una commentatrice di Uomini e donne, però c’è qualcosa di grandioso nel suo delirio piccolo-borghese di affermazione sociale... etc...
Ma questo genere di fenomeno, tipico di certe narrazioni seriali, non può essere un caso.
Per esempio, la stessa strategia si riscontra in Grey’s Anatomy – qualitativamente imparagonabile a D’sC – dove accade che la protagonista (la dott.ssa Grey – Ellen Pompeo) è di gran lunga il personaggio più stracciapalle e il medico più scarso di tutta la serie.
È sempre scazzata, piagnucola, si azzecca ai partner succhiandogli la professionalità, non è nemmeno in grado di operare da sola: ci riesce solo, attenzione, alla quarta/quinta serie, quando la sua amica, la Yang, ha già ottenuto tre specializzazioni e una seconda laurea in nanotecnologie applicate.
Non è un caso, infatti, se anche in GA i personaggi più “empatici” siano quelli secondari.
Da tutto questo sproloquio mentale ho tratto quanto segue:
- il protagonista è fesso, dunque ci sono molti protagonisti;
- l’antipatia del protagonista è direttamente proporzionale alla simpatia dei personaggi secondari;
- "io" spettatore non mi identifico in un personaggio singolo, ma in più personaggi; di conseguenza, la mia dipendenza dalla serie tv aumenta esponenzialmente: ho più trame da seguire.
Non so perché, ma c’è qualcosa di tutto ciò che mi turba non poco... La minchioneria è diventata una categoria narrativa così potente?