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NRC V - La pecora nera

giovedì, ottobre 07, 2010

 
Se i poeti pœtassero, gli imbianchini imbiancassero, i treni viaggiassero e i fiori fiorissero, sarebbe necessariamente un mondo migliore? Non ne sarei così sicuro. Certo è un po’ strano quando un fiore si mette a viaggiare e un imbianchino si mette a pœtare. Non che non ne possa uscire qualcosa di buono, anzi: dalle contaminazioni più azzardate nascono spesso opere memorabili (penso al mélange tra musica, fumetto e cinema in The Wall di Alan Parker). Altre volte si tratta invece di incontri mancati, perché per far scattare la scintilla e rendere il suo gesto significativo l’imbianchino non può mica pœtare come tutti gli altri, come dire: dovrebbe mettere tutta la sua pittura nella sua pœta. Altrimenti la cosa perde un po’ di senso. Così mi pareva in quel Persepolis a cui sembrava mancare un’anima: cosa aggiungeva il film al fumetto di Marjane Satrapi, se non una (mera) maggior diffusione? Speravo in qualcosa di più: altrimenti, conoscendo già il fumetto, non sarei andato. E lo stesso devo dire di questa pecora nera di Celestini, teoricamente impreziosita dalla fotografia di Ciprì. A questo punto si poteva pure mettere a pœtare, e sarebbe stato lo stesso. È chiaro che mica si può esigere da tutti una sperimentazione come quella che Carmelo Bene ha fatto con il cinema, ok. Ma di qui a riporre in Celestini le speranze per le sorti del cinema italiano, mi sembra che ce ne passi. Bisognerebbe saper distinguere, insomma: altrimenti toccherà arrivare alla triste conclusione che i teatranti, alla fine, è meglio che teàtrino.