domande estive

venerdì, luglio 23, 2010

Stavo pensando: e allora ho mandato questa lettera a Repubblica Palermo.


La domanda che vorrei porre alla vostra attenzione è la seguente: contro un'amministrazione che non amministra, non ci resta che piangere? O bisogna agire di modo che una risata possa seppellirli? Sono, queste, alternative valide? Si può (ancora) porre la questione in questi termini?

Il punto è: può l'ironia essere un'arma politica, oppure bisogna credere che ironia e politica si situino agli antipodi, l'una essendo intrinsecamente conservatrice l'altra invece costitutivamente rivoluzionaria? Non è del tutto scorretta una simile affermazione?

Infine: è da considerare ironia della sorte la decisione dell'alimentatore del mio computer di rompersi proprio adesso, costringendomi ad andare in vacanza, o semplicemente bisogna approfittarne?

(r)i gatti ruzzi XV- quello che ricorderò di questi mondiali

mercoledì, luglio 14, 2010

Diciamoci la verità. Questi mondiali ci hanno rotto ancor prima di finire. A me almeno, mi avevano stufato abbastanza. Sarà che non avevo mai seguito un'edizione così assiduamente e che l'ultima volta l'Italia aveva vinto, quindi non c'era storia. Sarà che negli ultimi due giorni ogni volta che vado su youtube, la pagina mi propone in automatico di vedere un video di 45 secondi in cui Casillas bacia la fidanzata mentre lo intervista, e sarà pure che sono così scema da averci cliccato sopra. Sarà che tutte le squadre che via via tifavo dopo l'uscita dell'Italia, hanno perso tutte una dopo l'altra. Sarà che mi sono pure ritrovata a sostenere il calcio marziale dell'Olanda alla fine, senza sapere perché. Per puro spirito di contraddizione, direi. Sarà che non ho retto a tutta la storia del polipo che indovinava le squadre vincitrici. Ma non potevo pescarlo io e vincere il Ruzzino? Mi avrebbe fatto veramente comodo un computer nuovo.
In realtà, tanto per appoggiare indirettamente la teoria del complotto precedentemente avanzata da altri in questa sede, mi sono convinta che gli abbiano piazzato qualche potente esca o magnete per attirarlo sulla bandierina, decisa di volta in volta a tavolino dall'USOPAM.
Insomma, mi dispiace ma non ho più nulla da dire. Non mi va di tessere elogi alla Spagna come hanno fatto tutti i giornali, dicendo che al giorno d'oggi vince soprattutto il gioco di squadra e che bisogna seguire l'esempio della cantera del Barcellona, e curare i giovanissimi talenti nei vivai ecc...ecc...
Non mi va perché 1) non posso convincermi oltre (cioè anche oltre la durata di questo mondiale) che mi interessi davvero una cosa del genere e 2) mi dà fastidio che questa venga presentata come il segno di un qualche progresso dell'umanità che si manifesta attraverso il calcio.  Non mi va di insistere sulla retorica della vittoria che passa dal centrocampo, attraverso la capacità di cooperazione del gruppo, l'intesa, il gioco per la squadra, i passaggi, il mutuo soccorso, il mettercela tutta, e guai a chi cerca la gloria individuale. Secondo me lo sport, un po' di sete di ingiustizia dovrebbe metterla. Cioè, la mette. Nel fare in modo che, se non hai qualcuno da sostenere per evidenti ragioni storiche, geografiche o affettive, tu scelga di tifare un elemento piuttosto che un altro per la sola speranza di vedere ribaltato il sistema generale delle aspettative. Per vedere un po' di miracolo e un po' di predestinazione e godere delle piccole (o grandi) ingiustizie che ci sono dietro i miracoli e dietro le predestinazioni. Per vedere, che ne so, Maradona che stringe il rosario a bordo campo e credere anche tu come lui che la geometria si sconfigga così. Poi, per il risultato, pazienza. La sete di ingiustizia gli insuccessi li tollera abbastanza, perché li mette in conto già da prima. Solo non dimenticherò la faccia di Messi dopo il 4-0 con la Germania, terrea e senza lacrime, con un'espressione di vana colpevolezza disegnata sopra, e la voce del cronista in sottofondo che non si stancava di ripetere "quanto gli mancasse la cattiveria del suo predecessore". Lui ovviamente non ha potuto sentire questo, e tra l'altro presto tornerà a giocare l'equo calcio della adottiva Spagna, un calcio assetato di giustizia. Ma ho pensato a quanto i padri sbaglino, spesso senza saperlo, quando nell'ammirazione impaziente, tra un bacio e un abbraccio, ti chiamano il-loro-Figlio-diletto-nel-quale-si-sono-compiaciuti. Anche in Mila e Shiro, la madre di Mila era la cronista delle partite mi pare, e la guardava destreggiarsi in campo. In segreto.
 (Non c'entra nulla, perché come padre putativo di Messi intendevo ovviamente Maradona e non Salvatore Bagni, ma devo pur rendere onore, ogni tanto, alle vere fonti giapponesi della mia cultura sportiva).
Poi, per citare altre fonti non giapponesi, ci tengo a dire che guardare il gioco della nostra nazionale quest'anno mi faceva costantemente pensare ai romanzi di Jonathan Coe, e non perché fosse avvincente come questi ultimi. Era simile solo ai titoli.  La casa del sonno, La banda dei brocchi. Calzavano entrambi a pennello. 
Ah, alla fine sono arrivata 160° al Ruzzino. Cifra tonda, ma confesso che non l'ho più controllato tanto ultimamente e che non ho capito nulla su come venissero assegnati i punti dopo la fase dei gironi. In maniera strana, in ogni caso.
Ho visto che Enzomma è salito di parecchie posizioni rispetto all'inizio e volevo fargli sapere che per me ha fatto bene, perché le frasi finaliste da stampare sulla Maglia Nera sono parecchio brutte.
Per concludere, vorrei dire in maniera del tutto opinabile che il colore dominante del mondiale è stato l'arancione, tra maglia dell'Arancia Meccanica, Scarpini dei giocatori più gasati, schermata del Ruzzino, e somma dei colori della Spagna. E che la canzone che ho più ascoltato in questo periodo è la seguente e forse la assocerò a tutto questo, tra qualche tempo. Per ora mi fa pensare a quando un giocatore fa cose incredibili sul campo e i commentatori dicono che non è umano ma è "da playstation". Che ancora non so  se è un complimento o no.


(r) i gatti ruzzi XIV - Il nuovo ordine

mercoledì, luglio 07, 2010


I mondiali, per i Rigattieri, non sono mai stati una passeggiata.
Nel fatidico duemilassséi, si andava a scommettere improbabili incroci sulle partite con faticosissime spedizioni fino in zona Stazione, dove si trovava l’unica, abietta agenzie per scommesse.
Però, nonostante tutto, qualche volta ci prendemmo. Ricordo infatti, per i cultori della memoria di questo non-luogo, che l’unica volta in cui i Rigattieri varcarono la soglia dell’Artilafo (io ci andai anche un paio d’altre volte.. questioni di femmine..) fu proprio grazie a una tripletta partorita nella penombra umida della mitica magione pisana.
E poi, come già scrissi nei commenti ruzzinanti, come non dimenticare la bolgia che si scatenava a casa Raffio... Birra, donne e trenini sui lungarni...
Beh, ora a semifinali sopraggiunte possiamo dirlo: il mondiale 2010 è stato molto, molto difficile. Per alcuni, una rovina.
Il primo a essere chiamato in causa è ovviamente il motore immobile di tutto questo mese. 
Il ruzzino. Già.
Un perverso dono di Satana, che ha illuso i Rigattieri con la sua apparente gratuità ma che in realtà ha schiavizzato un gruppo di menti tra le più brillanti che il nostro paese possa vantare.
Ebbene, il Ruzzino ha mandato a puttane il mondiale 2010. E credo proprio che questo meccanismo di telepatia collettiva abbia condizionato, e non poco, l’andamento delle partite. Cacciate via Italia e Francia, con il bollino della vergogna. Fuori Inghilterra, Argentina e Brasile. Dentro Ghana, Uruguay ma, soprattutto: Germania e Olanda. E chi se l’aspettava? Come può essere accaduto tutto ciò? Tutti a puntare, tutti a controllare. Le partite non erano più un momento di condivisione caciarona, ma una lotta fratricida: io salgo, tu scendi, il pallone carambola in porta e... fregati. Tutti quanti fregati.
Poi, il 2010 è stata una brutta faccenda perché eravamo sparpagliati. Divisi, ai quattro cantoni d’Europa a tirarci merda addosso dopo ogni aggiornamento di classifica.
Nel frattempo, le sorti del campionato del mondo si ribaltavano come le rocambolesche vicende della nostra Patria: un ministro dimissionario dopo 17 giorni, i terremotati picchiati dalla pula, i baroni dell’università che dicono di voler cacciare i ricercatori fannulloni, i poliziotti che scioperano sui tetti (e gli operai che li manganellano... no, questa non è vera..), la morte di Orlando (ecchecazzo, aveva preparato tutto per il 2025.. non si fa così, eh, non si fa..). Il mondo e il pallone alla rovescia.

Ma alla fine, diciamolo, un altro ordine si vede all’orizzonte. Un ordine cosmico diverso, magari meno scintillante. Potremmo chiamarla così: la fine dei fenomeni e la sopravvivenza dei precari. Sì perché, pensateci, tutti i protagonisti del proscenio mediatico sono andati a spasso: argentini, brasiliani, italiani.. Capello, Lippi.. tutta quella bella gente che se la tirava, intervistata un giorno sì e l’altro pure, non ha combinato un cazzo.
Via, a casa.
E cosa c’è rimasto? 
L’elegante scuola olandese, che tutti si pigliava per il culo; l’operaismo germanico (tre tocchi e gol di piattone); l’estro giovanile ispanico (ma nelle classifiche economiche siamo più ricchi noi, diciamo sempre... ah, povera Italia..); l’outsider Uruguay, allenato da un gentiluomo che noi giustamente abbiamo preso a calci e rispedito oltreoceano.
Ecco, sono rimasti quelli dietro i flash, in seconda fila. Magari non proprio fenomeni, ma forti, in gamba, veloci. 
Con la giusta fame, concreta, e la capacità di divertirsi insieme. Loro avranno anche affondato la classifica ruzzinante, ma di sicuro ci hanno insegnato qualcosa.
Tre passaggi e zac, gol.

(r)i gatti ruzzi XIII - L'ipotesi pasoliniana

lunedì, luglio 05, 2010


Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “mondiale”.
Io so i nomi dei mandanti occulti delle sue partite.
Perché sono un inellettuale, abituato a unire fili che sembrano lontani e irrelati, perché il mio mestiere è ristabilire la logica dove sembra dominare l’arbitr(i)o, perché sono fichissimo, eccetera.
Ad ogni modo: io so chi vincerà i mondiali (ora che è uscito il Brasile), e siccome sono più coraggioso di Pier Paolo, io ve lo dico pure, chi vince i mondiali. “Certo”, direte, “ce lo potevi dire pure prima, così giocavamo alla Snai e con la vincita compravamo la sede storica di Viarigattieri”. “Vero”, vi risponderei, e poi cambierei argomento. Anzi, lancerei la bomba:

I mondiali li vince la Germania, per via della Grecia.

E che Amicofranci mi perdoni.
Comunque vorrei, prima di esporre l’inoppugnabile dimostrazione (che molti lettori certo hanno già sentito e issofatto condiviso), mostrare i miei titoli: avevo previsto la vittoria del 2002 del Brasile (facile) e la vittoria del 2006 dell’Italia (molto difficile). Dell’ultima possono testimoniare gli stessi lettori che già conoscono l’inoppugnabile dimostrazione (e issofatto la condividono), e potrei perfino mostrare il messaggio che mi mandò la mamma dopo la finale: “La tua teoria mi aveva convinto fin da subito”. (quel messaggio però non esiste più, ahimé, perché a meno di mezz’ora dal suo arrivo, l’ignaro sottoscritto si gettava in una fontana in preda ai festeggiamenti, con tanto di cellulare in tasca – riposi in pace, quell’unico Samsung della mia vita, nuovissimo).

La teoria è quella che segue, semplice e letale, e si chiama, come la maggior parte delle teorie, teoria del complotto:
dice così: “I mondiali vengono attribuiti a tavolino da un apposito organo dell’ONU, e sempre per questioni politiche. Se qualche stato ha bisogno di una mano, allora l’USOPAM,OC (Ufficio Segreto dell’Onu Per l’Assegnazione dei Mondiali, Ovviamente di Calcio) gli fa vincere il mondiale”.
A conferma dell’efficacia della teoria ecco come si sono assegnati i mondiali da quando sono nato io.
1982: Italia; l'unica via per porre fine agli anni di piombo e alle stragi sembra sia quella di affogarli nel clamore dei claxon dei mondiali. Dalla vittoria del mondiale tutti si vogliono bene e perfino lo stato la fa finita di far saltare per aria la gente.
1986: Argentina. Dopo la disastrosa guerra delle Falkland (1982) e il pregevole ritorno della democrazia, si decide da un lato di risarcire e dall’altro di premiare la nazionale bianco-celeste, che tra l’altro, si dice, cià pure un giocatore niente male.
1990: Germania. Il nesso tra caduta del muro, unificazione della Germania e vittoria dei mondiali è fin troppo evidente. «Se vuoi unire un popolo, vinci i mondiali», dichiarò a Die Zeit il cancelliere Helmut Kohl, e poi chiosò profetico: «Se al tempo di Cavour ci fossero stati i mondiali, oggi non ci sarebbe Bossi».
2006: Italia. Piegato dallo scandalo di calciopoli, i membri dell’USOPAM,OC si rendono conto che lo sport principe nella gestione dei rapporti internazionali rischia di smerdarsi, e per coprire le polemiche regalano il mondiale all’Italia, organizzando perfino corsi intensivi per insegnare a Grosso a giocare a calcio, e a Materazzi l’espressione “la maiala di tu’ ma’” in algerino.
1994, 1998, 2002: quando non succede niente di rilevante, il mondiale lo vince il Brasile, che è più forte (dal che si deduce che Felipe Melo è un infiltrato). Conosco le due obiezioni possibili: nel 2001 c’erano state le torri gemelle, e dunque potevano far vincere gli Stati Uniti (magari in una trionfale finale contro l’Atletico Bin Laden), ma il punto è che nessuno, negli Stati Uniti, se ne sarebbe accorto. Il 1998 invece è un caso a sé, in quanto la Francia contravvenne alle regole esplicite, battendo in finale un Brasile già deputato alla vittoria. Le motivazioni del governo francese all’USOPAM,OC furono le seguenti: (a) “i brasiliani non si reggevano in piedi durante la partita (probabilmente in ragione delle notti sregolate a cui si erano abbandonati, quei terzomondisti)” e (b) “siamo francesi, col cazzo che facciamo vincere qualcun altro a casa nostra”.
2010: Germania; la crisi della Grecia, salvata in extremis dal governo tedesco (che sennò affondavano pure le banche teutoni, e dunque la Germania e poi tutta l’Europa, e poi il mondo), ha portato alla ribalta un problema centrale, così riassunto da un sempre spiritoso Helmut Kohl: “Occhio che vi teniamo tutti per i maroni”.



A margine, un doveroso aggiornamento da Pyongyang.
Dopo essersi costituiti Provincia Semiautonoma d’Oltremare dell’Argentina, allo scopo di vincere i mondiali, e dopo che pure l’Argentina è stata presa a pallonate dai campioni del mondo entranti, i coreani rossi hanno avuto una nuova crisi intestina.
La nuova risoluzione, presentata all’ONU nella tarda nottata di sabato, è la seguente:
“In tutta la nostra gloriosa storia, non ricordiamo di avere mai partecipato a un mondiale di calcio. Anzi, se proprio la dobbiamo dire tutta, a noi il calcio ci ha sempre fatto schifo: a noi ci garba il Ping Pong”.