C'è una cinematografia invisibile, nel cinema italiano, talmente invisibile che forse non verrà mai scoperta - non per questo essendo meno reale o importante di quella visibile. Pensavo a questo, ieri, quando uscendo dal cinema mi si faceva notare che era forse un po' blasfemo essere andati a vedere Habemus papam di venerdì santo, mentre davanti al Teatro Massimo sfilava una processione pseudo-religiosa, con le confraternite travestite ad hoc (pallido riflesso della settimana santa andalusa). Film tutt'altro che blasfemo, tra l'altro, e contemporaneamente tutt'altro che religioso. Le proteste e gli inviti al boicottaggio si commentano da soli. E però Moretti sembra riproporre molti anni dopo proprio quel film (frammentario, sconnesso, realmente rivoluzionario) che una notte di ispirazione vide partorire gli appartamenti di via rigattieri, di fronte a una macchina da presa scalcinata, con attori improbabili. C'era già tutto: i dubbi, le incertezze, le bizzarrie di un papa fuori dagli schemi, un papa che voleva fare l'attore, e prendeva in questo modo coraggiosamente su di sé (come Michel Piccoli) tutte le angosce di un'epoca. Quel papa blaterava cose apparentemente senza senso, eppure piene di vita, piene di vero sentimento umano. Purtroppo, quel film non vedrà mai la luce. Nessuno però riuscirà a toglierci dalla testa che questa volta il buon Nanni abbia pescato a piene mani proprio da lì.
NRC XI - Habemus papam
sabato, aprile 23, 2011
C'è una cinematografia invisibile, nel cinema italiano, talmente invisibile che forse non verrà mai scoperta - non per questo essendo meno reale o importante di quella visibile. Pensavo a questo, ieri, quando uscendo dal cinema mi si faceva notare che era forse un po' blasfemo essere andati a vedere Habemus papam di venerdì santo, mentre davanti al Teatro Massimo sfilava una processione pseudo-religiosa, con le confraternite travestite ad hoc (pallido riflesso della settimana santa andalusa). Film tutt'altro che blasfemo, tra l'altro, e contemporaneamente tutt'altro che religioso. Le proteste e gli inviti al boicottaggio si commentano da soli. E però Moretti sembra riproporre molti anni dopo proprio quel film (frammentario, sconnesso, realmente rivoluzionario) che una notte di ispirazione vide partorire gli appartamenti di via rigattieri, di fronte a una macchina da presa scalcinata, con attori improbabili. C'era già tutto: i dubbi, le incertezze, le bizzarrie di un papa fuori dagli schemi, un papa che voleva fare l'attore, e prendeva in questo modo coraggiosamente su di sé (come Michel Piccoli) tutte le angosce di un'epoca. Quel papa blaterava cose apparentemente senza senso, eppure piene di vita, piene di vero sentimento umano. Purtroppo, quel film non vedrà mai la luce. Nessuno però riuscirà a toglierci dalla testa che questa volta il buon Nanni abbia pescato a piene mani proprio da lì.
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Minima moralia. 2 - Contro la filosofia "like"
venerdì, aprile 22, 2011
Nel ridicolo crepuscolo italiano che stiamo vivendo si stanno diffondendo varie degenerazioni neurologiche che affliggono e ottundono le menti.
Oltre alle sopravvivenze inspiegabili di soggetti come Asor Rosa (scusate, provo sincero sconcerto per la scomparsa selettiva di certi accademici a discapito di altri…), oltre alle proposte gruppettare di Paolo Flores D’Arcais (“usciamo tutti fuori dal Parlamento!!”: benissimo, così poi Lui chiude la porta alle nostre spalle e tanti saluti…), assistiamo al diffondersi di fenomeni anche da parte di nostri quasi-contemporanei (diciamo, dai cinquant’anni in giù: i ggiovani, insomma).
Tra le tante cose che ci sarebbero da moralizzare in questa rubrica minima, cercherò di parlare questa volta di un fenomeno ben preciso. La filosofia “like”.
Come sapranno molti di voi, il pensiero “like” si ricollega alla prassi diffusa su Facebook di alzare il pollice virtuale in segno di approvazione. Questa funzione di per sé idiota del social network sta diventando sempre di più una forma mentis. È diventato un riflesso immediato cliccare sopra i contenuti più svariati. Non importa se stai cliccando sopra una brutta notizia, l’ennesima contestazione politica sulla rete, la notizia della morte di un cagnolino: è tutto “likebile”.
E quindi, in definitiva, non possiamo/vogliamo dire più nulla di significativo. A volte, anzi, basta il gesto come condensazione massima di tutti i nostri micro-pensieri.
Più in generale, mi sembra, il pensiero “like” va a sommarsi a un ulteriore fenomeno: la diffusione della conoscenza tramite web. È la conoscenza “linkabile”. Potenzialmente infinita, consente l’accesso a un tripudio di collegamenti privi di gerarchia e, soprattutto, privi di un limite sensato (quante informazioni e quanti link riusciamo a sopportare? Dopo quanto tempo l’informazione diventa puro surfing?).
Sono cose poco simpatiche da dirsi. Ma le sperimento tutti i giorni. E mi è venuto spontaneo e immediato metterle per iscritto dopo che un nostro Padre Fondatore ha confessato l’altro giorno su Facebook di essersi arreso alla propria indole di destra: non ce la faceva più, dopo anni di estenuante “militanza” nella sinistra più insulsa dell’occidente.
Ecco, io più o meno ho provato una cosa simile, ma di segno diverso. Si tratta della necessità di recuperare un minimo di “gerarchie” mentali: ovvero, la capacità di strutturare un pensiero compiuto.
Così, per cominciare, ho messo giù un piccolo elenco di cose da fare:
- proseguire nella battaglia ideologica contro i “creativi digitali” (solo l’espressione mi fa venire istinti omicidi);
- considerare FB una fonte di informazioni e di comunicazione tra persone (e basta);
- leggere qualche saggio noioso e lungo (ho il cervello atrofizzato);
- recuperare Kant e Hegel dal manuale del liceo;
- ripassare il principio di non contraddizione.
Non ce la farò mai.
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I filosofi delle università
domenica, aprile 10, 2011
Ieri è uscito sul manifesto questo articolo di Paolo Godani, che ci riguarda direttamente in quanto riguarda tutti quelli che studiano o hanno studiato filosofia e lo hanno fatto in una qualunque università italiana. E probabilmente non solo quelli che studiano filosofia. Lo metto qui, mi auguro che non cada nel nulla (non tanto qui: ma in generale). Ma se tanto mi dà tanto, temo che i filosofi delle università non avranno non dico il coraggio, ma nemmeno la voglia di raccogliere la sfida: gli riesce così bene fare spallucce...
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