Io penso che...

martedì, gennaio 26, 2010

..., ma è un'opinione del tutto personale e che so non condivisa da altri rigattieri, che più continua il massacro a Paolo Nori sul manifesto, più mi convinco delle sue ragioni, e del coraggio delle sue azioni contro un certo fastidiosissimo conformismo di sinistra.

non perché collaborare a Libero sia la migliore delle idee possibili: ma perché il tono delle repliche, le argomentazioni per nulla convincenti degli oppositori mi convincono sempre di più della forza della decisione di Nori, in barba alle ortodossie e alle presunte appartenenze (di casta più che di classe).

questo qualunque sia la sua decisione d'ora in poi, e comunque vada a finire questo affaire.

l'ho detto.

il capo

Comments

19 Responses to “Io penso che...”
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Unknown ha detto...

io ero a Roma, al processo-non-processo (strana ma bella serata)
e son d'accordo che più uno sente gli altri (!) parlare più gli sta simpatico Nori, ché non è mica questione del mondo delle migliori scelte possibili, e nemmeno di sola libertà, ma di sentire un po' gli strepiti stizziti che dall'altra parte dicono quello che si puote fare e più non dimandar, di
strani sensi di purezza, ho letto pure la parola "degenerazione" (ok, dell'industria culturale, ma cazzo, de-ge-ne-ra-zio-ne)

a me sembra che loro, quelli con il dito, la penna rivolta contro Nori, che gli dicono "fallo per il tuo bene", "sei uno di noi, ma come fai?" [e lui risponde, io, al massimo, mi definirei anarchico], oppure che si difendono "si io pubblico con Einaudi/Mondadori ma è una casa editrice con una TRADIZIONE, mentre Libero no", insomma a me sembra che questi Nori non lo capiscono e non capiscono i suoi giochi e i suoi divertimenti e i suoi toni. Forse questi, che poi son giornalisti culturali, scrittori, critici non capiscono le persone, le azioni che non è che c'hanno sempre bisogno di giustificazioni, di rendicontazioni, seppure uno possa leggitimamente chiedersi o chiedere a qualcun altro perché faccia la tal cosa

Ma nello specifico forse nemmeno Nori sa perché collabora con Libero, nei limiti del fatto che quelli rispettano i suoi testi e non glieli cambiano.
Emanuele Trevi è stato uno dei pochi a insistere su questo fatto della mancata censura come possibile criterio, ma soprattutto pure lei mi è stato molto simpatico, perché è stato uno dei pochi della serata a essere tranquillo e soprattutto ironico, insieme a Nori, ché c'era un senso di serietà eccessivo, ma davvero eccessivo, e proprio questo era il segno che non ci si capiva.

comunque dopo un po' che li senti parlare, gli accusatori dico, e calmatisi un poco, diventano un poco più sensati, e un po' si rendono conto dei loro toni, ma solo un po' e poi si ritornava di nuovo a strepiti, o a "non si può!"

26/01/10, 12:14
un grigio compagno ha detto...

il meraviglioso - quanto atteso! - divenire-reazionario del Capo. (quello che mi secca è di mettermi a me a fare il grigio compagno).

ciò detto (e come ho simpaticamente detto a paolo in privato) non si può scrivere per libero e restare candidi, e far finta di niente, se libero è un violento strumento propagandistico, razzista ecc.
Si chieda al Capo: dunque qualunque contesto va bene? Se si scrive una recensione di un disco sul giornale di Goebbels (che a pagina uno si bulla di aver bruciato qualche immigrato) si è scritta solo un'innocua, e magari spassosa, recensione? (aleggia l’anatema: nori fa ridere, è simpa, è ironico, quindi è al di sopra del giudizio). al capo rispondere, ma se un limite va tracciato, allora ci convinca che Libero sta al di qua di quel limite.
altre due note: dov'è il coraggio di chi accetta le lusinghe (intellettuali ed economiche) del potere? (e anzi, secondo me nori è stato proprio un colpo di classe di libero, col doppio intento di mostrare se stesso come vagamente aperto e per poi scatenare la polemica contro la sinistra stalinista - e qui PN, che gli piaccia o no, ha fatto il loro gioco. Voglio dire: sono riusciti a farsi dare ragione perfino dal Capo).
L'altra cosa perplimente è la motivazione del presente post: "non entro nel merito, mi bastano le motivazioni infami del manifesto per assolverlo". ecco qui allora un buon capo di accusa: PN: "a me quando mi dicono di non fare una cosa, la faccio subito. mi dicono di non andare con una donna? ci vado". Speriamo non gli dicano di non scrivere un libro antisemita, sennò ci toccherà sentire il Capo che grida all’intrepido paolonori che sfida anche i pregiudizi più radicati e bacchettoni di "un certo conformismo di sinistra"…

26/01/10, 12:44
Ciccì ha detto...

Ciccì è pienamente d'accordo con Giccì, e aggiunge: se le ragioni addotte da coloro che criticano paolo nori sul manifesto, ovvero da compagni un po' più grigi del nostro Giccì, se queste ragioni, dico, fanno un po' ca'a, è questo un motivo sufficiente per dare ragione a PN? significa davvero che non si possano addurre altre ragioni per affermare, magari con un po' più di intelligenza come ha fatto Giccì, che, suvvia, paolino stavolta ha fatto una cazzata? altrimenti finisce che crediamo a quello che ci convince meglio - ovvero, nel caso di Viariga, a quello che ci fa ride' di più..

26/01/10, 13:18
Happy ha detto...

La vicenda di Nori ha assunto ormai dei tratti surreal-paranoici, come quasi tutti gli attuali discorsi dei critici e degli scrittori sulla nostra letteratura.
Mi permetto di precisare con qualche dettaglio in più la posizione del Capo, che appoggio totalmente (anche perché altrimenti mi salta il pied-à-terre a Parigi…).
Se noi seguissimo con scrupolo i dettami folli dei critici di Nori, nessun letterato di sinistra e indipendente potrebbe scrivere su un qualunque quotidiano.
- Corriere della Sera, gruppo RCS, annovera tra i suoi azionisti IntesaSanPaolo, Mediobanca, Pirelli, Ligresti, Agnelli, Benetton, Della Valle… devo continuare?
- la Repubblica, gruppo Espresso, di proprietà di Carlo De Benedetti e famiglia, fa parte di un ampia compagine che va dall’industria energetica alle cliniche private;
- La Stampa, di proprietà del gruppo Fiat;
- Il Sole 24 Ore, Confindustria;
- Il Messaggero, gruppo Caltagirone, tra i massimi poteri economici del nostro Paese e tra i più spregiudicati speculatori edilizi;
- Il Giornale, di proprietà di Paolo Berlusconi e, per il 20%, di Mondadori;
- Giornali registrati come cooperative o testate di organi di partito: Libero,Unità, Riformista, Manifesto, Foglio… ovviamente questi ultimi devono la loro “indipendenza” di opinione ai contributi statali che ricevono ogni anno dal Governo (e quindi direttamente dal potere esecutivo…).

Isolato, al momento, resta Il Fatto Quotidiano, di Padellaro, Travaglio e Chiarelettere, l’unico quotidiano a essere effettivamente indipendente, sia come linea politica sia come autonomia finanziaria, nel senso che sopravvive grazie alle vendite in edicola e agli abbonamenti.

E quindi, chiedo ai puri di cuori: dove scrivereste voi di critica e letteratura?
Nel nostro Paese, purtroppo, gli intellettuali devono farsi forza, se ci riescono, con la loro intelligenza e sobrietà. Altrimenti diventano firme organiche di questa o quella testata.
Se infatti ci lasciamo trascinare solo da confini e logiche da Comintern (io sono “organico”, tu no; io sono di sinistra e tu sei un degenerato), dovremmo condannare, per coerenza, Pasolini e Claudio Magris come servi dei padroni (collaboratori del Corriere), Umberto Eco e Arbasino come scrittori a libro paga della sanità privata (Repubblica-l’Espresso), Tiziano Scarpa e Alessandro Scurati sudditi degli Agnelli (La Stampa), e via dicendo…

Gli stessi ragionamenti si rincorrono, in piccolo, nell’editoria, dove sostanzialmente più del 50% del mercato è presidiato da Mondadori e Rizzoli (quindi Saviano si dovrebbe suicidare, visto che Mondadori gli ha pubblicato Gomorra in 5 mila copie e poi, sfiga vuole, ne ha vendute 3 milioni: e da quel momento è stato considerato un “venduto”?).

Ora, tutti questi ragionamenti mi sembrano del tutto esagerati se si guarda al caso Nori. Cioè, dobbiamo preoccuparci se uno scrittore di second’ordine scrive su Libero e pubblica Feltrinelli? Credo proprio di no. Certo, se Nori fosse un intellettuale di rango, non avrebbe bisogno di scrivere per Belpietro e alternerebbe Tuttolibri con la Domenica.
Ma si tratta, per l’appunto, di Paolo Nori. Se siamo ridotti a istruire processi sul suo caso personale, vuol dire che la nostra letteratura e i nostri critici hanno del tutto esaurito la loro funzione storica: e potrebbero dunque estinguersi senza rimpianti.

27/01/10, 00:45
giccì ha detto...

eppiuccio (in veste giornalistica travagliesca – dev’essere il tratto piemontese – quanto a forma, documentazione e poca attendibilità...) il problema di fondo (secondo me) continua a restare inevaso, da voi difensori di paolonori. (che poi non si tratta mica di fargli il processo, di dire quello che deve e che non può fare: però prendere atto di una decisione, condividerla, o provarne repulsione, quello ce lo dovreste lasciare senza darci degli stalinisti; il diritto di schierarci, magari senza giudicare le genti specifiche, ce lo teniamo).
ad ogni modo, il problema fondamentale è: dove si fa passare la linea di demarcazione tra giornali in cui è "vergognoso" scrivere e quelli dove è accettabile (per ciascuno di noi). La tua linea - basata su di un solo criterio: a chi risponde economicamente il giornale – passa a destra di travaglio e C., ma siccome TUTTI, a parte il suddetto, stanno al di là della linea, si può in coscienza scrivere su qualsiasi giornale, uno vale l'altro (dal manifesto alla Difesa della Razza – sempre che questo riceva fondi pubblici, perchè se si mantiene solo con le vendite è un posto migliore in cui scrivere rispetto al Manifesto, per dire).
Secondo me, che poi non dimentichiamo che sono il portavoce ufficiale della verità e che posso offrire un pied-à-terre a Parigi non da meno di quello di Coin, forse i criteri potrebbero essere anche altri. per esempio: un giornale è razzista (come libero), è apertamente propagandistico verso un governo che IO aborrisco (lasciatemi passare la coniugazione non-mughiniana del verbo), è violento, irrispettoso di qualsiasi alterità ecc? ecco, per me sono criteri più validi di quello dell'origine del capitale che sostiene un giornale. Per cui scrivere su libero NON è come scrivere sul Corriere, o sul Sole. È prendere parte (anche se da ingranaggio più o meno avulso, più o meno da scemo del villaggio, da uno capitato lì per caso, eppure un ingranaggio fondamentale nel processo di legittimazione di un foglio giornalistico) ad una feroce macchina il cui scopo è quello di alimentare gli odi più viscerali, di sdoganare ogni xenofobia, e di consacrarsi al culto del capo.
Non è esattamente come scrivere sull’Internazionale.

27/01/10, 10:32
Ciccì ha detto...

Devo cercare di svegliarmi un po' prima, mi sono rotto di scrivere solamente per glossare le risposte di un Giccì con il quale mi ritrovo sbalorditivamente d'accordo per la seconda volta di seguito - mai successo a memoria d'uomo..

Happy, ma veramente pensavi che il discrimine per noi fosse la provenienza del capitale? Ci fai così sinistri populisti? E veramente pensavi che casa del capo fosse il pied-à-terre migliore che potessi trovare a Parigi? Aspetta di vedere i suoi 6,5mq soppalcati, poi vedrai come cambi idea..

27/01/10, 10:56
Anonimo ha detto...

e qui si compie il miracolo: giccì che critica travaglio! grazie pienne!

27/01/10, 11:10
Happy ha detto...

giccì,
fammi pure sapere dove non sono stato attendibile, chiederò venia senz'altro delle imprecisioni.
nel merito di ciò che scrivi, sono in linea di massima d'accordo con te: la linea editoriale di Libero si adagia comodamente sui nostri peggiori istinti negativi (e come diceva Montanelli, criticando la direzione di Feltri, se vai alla ricerca dei peggiori istinti, troverai sempre numerosi lettori al tuo seguito).
però credo anche che una critica consapevole della nostra stampa (dove e con chi sarebbe meglio scrivere), deve valutare innanzi tutto il "posizionamento" dell'editore: chi lo controlla, da chi prende i soldi, chi influenza la linea editoriale? sono questioni non da poco. e sopratutto sono gli equilibri rispetto ai quali i quotidiani si muovono. non è una mia opinione, ma un dato di fatto che ho acquisito avendoci a che fare da qualche anno a questa parte.
quindi, siamo tutti d'accordo (è evidente) che scrivere su Libero è cosa ben diversa e qualificante dallo scrivere sul Corriere. anche se, da comune cittadino, trovo vergognoso l'appoggio più o meno velato che il Manifesto ha dato a Cesare Battisti, che io considero un volgare assassino (se si deve essere duri e puri, allora bisogna avere il coraggio di condurre tutte le "battaglie civili", non quelle che fanno più comodo).
mi chiedo, però, chi tra Corriere e Libero concederebbe più libertà al nostro paolonori (a seconda degli articoli, infatti, l'uno o l'altro giornale sarebbero molto tentati di pubblicare o non pubblicare l'intervento).
tutto ciò per arrivare a queste conclusioni:
- la stampa italiana, nella quasi totalità, soffre di un'assenza costituitiva di autonomia e libertà (ripeto, il problema è l'azionista, non la linea politica del direttore);
- trovo che sia vergognoso che tutta una serie di testate sia mantenuta dai soldi pubblici, tenendosi in vita in maniera parassitaria (e mi dispiace per il manifesto, ma o si prendono dei manager che ci capiscono di editoria o non vedo la ragione di pagare io lo stipendio a norma rangeri);
- non è possibile, da mio punto di vista, che una serie di intellettuali (saranno tutti duri e puri? il loro conto corrente non ha mai visto i soldi di un grande gruppo editoriale? lo spero per loro..) debba stabilire una linea di demarcazione. è semplicemente folle. e soprattutto è un modello di discorso culturale che abbiamo già visto da qualche altra parte (vedi nella DDR), e che non ha funzionato poi così bene.

27/01/10, 11:16
gc ha detto...

eppiuccio, anzitutto non c'è niente di inattendibile nei dati che brillantemente sciorini (e lo dico sulla base del fatto che non ne so niente e mi affido ciecamente a te). inattendibili sono le conseguenze che ne facevi seguire.
rispetto al tuo ultimo intervento: condiviso su tutta la linea, o quasi, ma non ci fa andare molto avanti sulla questione in corso di dibattito, ovvero: "pole il compagno paolonori permettisi di scrivere su un giornale dei cattivi? no. apriamo il dibattito".
Costitutiva mancanza di libertà della stampa italiana; pessima prassi di finanziare con soldi pubblici testate che vendono 5 copie l'anno (o anche altre che vendono più copie ma si legano issofatto a doppio filo col potere politico); invadenza degli editori; politiche deprecabili anche su altre testate (d'accordissimo su Battisti, credo). quindi? non scriviamo da nessuna parte? bene. scriviamo ovunque? va bene, ma forse ecco che si ripropone il problema di "di quale macchina sono disposto a divenire ingranaggio e di quali no".
e non si tratta di un'intellghenzia che detta la linea su dove si possa o meno scrivere. ognuno sceglierà secondo quello che ritiene giusto; e ognuno poi si assumerà le responsabilità della propria scelta, tra cui quella di essere contestato.

27/01/10, 15:26
Happy ha detto...

no, è vero, hai ragione gc.
le condizioni in cui versa la stampa italiana sono pessime, eppure è possibile fare della buona cultura divulgativa e, talvolta, qualche dibattito non finalizzato a creare casi editoriali (che fanno molto bene alle vendite).
in linea di massima, occorre dire, lo scrittore o l'intellettuale fa riferimento agli ambienti che gli sono più congeniali.
il problema di paolonori è invece il seguente: il soggetto in questione dimostra una coscienza del sè vacillante e precaria, dove nemmeno più il principio di identità sembra prevalere.
tuttavia, c'è da dire che può verificarsi il caso rarissimo in cui una testata del nemico ti offra spazio, riconoscendo la reciproca differenza di posizioni e di toni. in quei casi non ci vedo nulla di male: l'importante è che i confini di contenuti e di idee rimangano ben limitati. certo, sarebbe bene non fare la fine del vecchio Pansa, che è ormai rincoglionito sulle pagine di Libero con la sua battaglia revisionista. ma anche in quel caso, a parte controbattere alle sue tesi altrove, che ci possiamo fare?
ma soprattutto, ritorno alla questione Nori:
- che ci frega di Nori?
- quelli che lo attaccano cadono per lo più in contraddizione, dovendosi giustificare per aver pubblicato da Einaudi (?!) o di aver collaborato con Mondadori (?!). e allora? mi vien da dire.. o tutti puri, oppure non rompete le palle adducendo motivazioni astruse.. (Mondadori è di Berlusconi, punto. o si sta al gioco, o si sta fuori). sono i moralisti a mezzo servizio che mi fanno incazzare.
- se la critica italiana deve impegnarsi nella questione Nori, dico io, allora è meglio che serenamente si estingua. e ci lasci da leggere in eredità l'inserto del new york times..
besos

27/01/10, 16:51
neomi ha detto...

rigattieri parigini tremate e correte ai ripari...neomi is coming....

28/01/10, 12:38
Anonimo ha detto...

mi spiace di essere rimasto un po' indietro...leggo solo ora post e commenti, ma ci tengo a dire che trovo un po' buffa l'espressione "volgare assassino": vuol dire che ce ne sono di "eleganti"? Sofri lo chiamereste così? Comunque, per non essere frainteso, e per chi non lo sapesse ancora, credo che Battisti sia difendibile con ottime ragioni (che magari non sono quelle che dice lui), nonostante difficilmente possa risultare simpatico. Se a qualcuno interessano gliele posso dire.
Su Nori, che non conosco, credo che il problema sia: esiste in Italia un grande giornale fascista militante? Non mi pare. E credo non debba parere nemmeno a voi, altrimenti vi dovrei sapere con il fucile in spalla, sui monti, a metter su la resistenza.
By,
pg

03/02/10, 16:24
un lettore ha detto...

caro piggì, vada per questo dialogo inattuale (anche perchè cheppalle parlare sempre di cofino che uni scopa).
facendomi interprete di happy, direi che volgare assassino vuol dire assassino comune, ovvero che non ha niente a che fare col clima politico (con cui intende invece farsi schermo il battisti). quindi, sì, ci sono assassini forse non eleganti ma neanche volgari: la resistenza, per usarti contro te stesso, è stata fatta da assassini (gente che ammazzava) ma per niente volgari, perchè combattevano per i buoni.
(su sofri faremo un post apparte, superando pure l'inattualità).
quanto ai giornali militanti fascisti, temo che dovrai presto imbracciare il fucile e andare sulle montagne a fare l'assassino elegante, perchè di giornali fascisti militanti c'è pieno, solo che il fascismo si è risemantizzato in berlusconismo (se fossi pasolini mi riconoscereste che ho ragione, ma siccome sono marcello cofino diranno tutti che è una cazzata da lettore di repubblica).

bòna
mc

03/02/10, 18:31
Anonimo ha detto...

Caro marcello,
capita a tutti di dire cazzate da lettore di repubblica - basterebbe non leggere repubblica per non dirle, ma il compito è difficile. Che il fascismo si sia risemantizzato in berlusconismo può essere una battuta, nemmeno di gran buon gusto, dato che non ci sono intellettuali in galera (solo brigatisti e negri), né parate militari, né folle plaudenti, né governi in carica da vent'anni. Il problema te lo rilancio, perché erano i brigatisti a vedere dovunque un nuovo-vecchio fascismo e a pensarsi come la nuova resistenza. Si sbagliavano, come sbagli tu. Ma forse loro sbagliavano a rendere ragione della voglia di rovesciare tutto che avevano in corpo. Come fai a sapere che non ce l'avesse anche Cesare Battisti? Solo perché non era un intellettuale, tipo sofri, ma un proletariaccio, si può dire che non sentiva l'aria che tirava? Pensi sia roba da poco risenmantizzare il proprio essere delinquenti comuni nell'essere delinquenti comunisti? Non so cosa ci possa far dire che Curcio o Scalzone o Negri o Sofri fossero "politici", mentre releghiamo Battisti tra i "comuni". Non lo vedi che è un'operazione tipica dello Stato? Quella di accusarli prima di essere degli eversori, sottoponendoli a processi in regime speciale, per poi cambiare strategia e considerarli come assassini qualunque. Comunque, so che non saremo mai d'accordo, purtroppo. Aspetto un bel post su Sofri. O magari uno che dica che Erri De Luca vale quanto Battisti, quanto me e te, quanto chiunque, nonostante tutto.
un pg anacronistico

07/02/10, 21:20
marcello ha detto...

Caro piggiuccio,
scartare la mia profondissima affermazione per cui il berlusconismo è la mutazione recente del fascismo dicendo che è una battuta di cattivo gusto non ti esime dal dovere di controargomentare. Certo non basta dire che le carceri sono piene di negri: nelle democrazie come nelle dittature in galera ci stanno i negri e i poveracci – quindi non è una discriminante. Né bastano le parate miliari, le folle plaudenti (che per di più ci sono eccome) e il governo in carica da vent’anni (che pure c’è). Sembri uno che vede una partita di calcio e dice: “ma le due squadre non stanno mica giocando allo stesso gioco: hanno magliette diversissime”. È evidente che un qualsiasi fascismo, oggi, debba riterritorialzzarsi in una forma democratica, o involucramente democratica. Quello che ci fa parlare di fascismo, a noi irriducibili (lettori di repubblica) sono tutta un’altra serie di fattori, meno in stile retorica anni Venti, ma non meno fascistissimi: per dirli accaso, come mi vengono in mente, e tralasciandone sicuramente di fondamentali: un sistema capillare di propaganda, la sostanziale centralizzazione del sistema di informazione (con le sacche di contromedesima a fare il gioco della voce dominante, a continuare l’imbroglio del “siamo in democrazia”), il culto del Capo, la deresponsabilizzazione, il controllo politico di tutti i poteri dello stato, la demagogia patriottica, i picchiatori (quelli che pestano i gay e i barboni col plauso dei podestà e quelli che ammazzano coi giornali di regime), l’abolizione del linguaggio delle istituzioni a favore di slogan, parole d’ordine, battute da bar, la visceralizzazione della politica, la legittimazione dell’indicibile (certo che facciamo una legge per proteggere il Capo), la demonizzazione dell’avversario, la legittimazione – anche esteriore – da parte della politica di ogni vizio, furberia, angheria privati (eqquesto la DC, mafiosa, corrotta, deviata, reazionaria non lo avrebbe mai permesso: marciva dentro, ma ancorando i cittadini a un senso delle regole, dello stato, delle istituzioni).
Per il resto, caro anacronista, mi sembra uno spassoso paradosso che tu voglia giustificare un assassino con lo Zeitgeist. Allora, negli anni settanta valeva tutto: lo stupro politico, l’omicidio politico, gli abusi edilizi politici: è l’aria dell’epoca, che ci volete fare. E ancora: tu stesso dici che non è roba da poco risemantizzarsi da criminali comuni a criminali comunisti: e allora perché per Battisti la consideriamo una cosa semplice, quasi scontata, che basta tirare in ballo l’aria che tirava?
Eppoi, mica vogliamo giustificare lo stato, ci mancasse.
Saranno tutti poveracci, come me e come chiunque, ma se giochiamo al gioco della responsabilità, e ci vogliamo giocare secondo le sue regole, allora queste differenze vanno fatte. Sennò tutti colpevoli, tutti innocenti. Va bene, ma è un altro gioco; forse più bello, ma comunque un altro gioco.

08/02/10, 13:47
Anonimo ha detto...

dunque, il Dottor Repubblicano, cioè a dire Marcello Cofino, argomenta in primo luogo che il fascismo che intende, lo intende riterritorializzato in una forma democratica. E precisa che, in tal forma, esso presenta i seguenti caratteri: 1. capillare propaganda, centralizzazione dell'informazione, culto del capi, deresponsabilizzazione (?), controllo politico di tutti i poteri dello stato (?), demagogia patriottica, picchiatori, caduta del senso delle istituzioni, legittimazione dell'indicidibile, demonizzazione dell'avversario.
A proposito di ciò si può dire quanto segue.
Che se il fascismo può tramandare alcuni dei suoi tratti ai regimi democratici è perché sono questi stessi ad aver prodotto quelli dal proprio seno. Ovvero perché è il fascismo storico ad essere una delle possibili forme della "democrazia", non una sua perversione. Con il che si deve intendere questo: ciò che siamo usi chiamare democrazia è una forma politica autoritaria che dei movimenti sociali democratici e comunisti ha assunto ciò che poteva assumere senza mutare la propria essenza, ovvero ha assunto 1) la forma plebiscitaria della propria legittimazione, 2) la divisione del potere tra diversi gruppi sociali, alleati al solo scopo di difendersi dal continuo attacco della plebaglia (per cui si usano date simbolo: 1789, 1793, 1830, 1848, 1871, 1919, 1943, 1968), ovvero per evitare gli effetti della democrazia come "governo del popolo".
Ne consegue dunque che le caratteristiche attribuite dal Dottore Repubblicano alla fascistizzazione della democrazia siano in verità elementi costitutivi e permanenti di ogni democrazia moderna - che variano solo per intensità a seconda delle fasi storiche.
Saremmo dunque d'accordo se si dicesse che ci troviamo in una fase in cui certi tratti fascisti sempre presenti in ogni democrazia moderna emergono più vividamente a discapito di altri.
In considerazione della relazione tra il suddetto argomento e la questio concernente il signor Cesare Battisti, si dà il caso che una cosa nessuna democrazia può ottenere, ed è l'eliminazione della plebaglia. La quale è sempre presente nel silenzio delle proprie case, sui luoghi di lavoro, nelle carceri e così via, salvo quando si convince che il suo essere plebaglia non è uno scherzo del destino, ma un effetto del regime democratico. Così, senza che vi sia necessità di dialettica alcuna, si convince che le pratiche illegali di sopravvivenza sono, in loro stesse e immediatamente, fonti di disordine sociale, germi della lotta di classe.
Tali sono gli argomenti che volevo proporre, da cui si deducono facilmente alcune consequenzialità di natura politica.

09/02/10, 14:37
Dottor Repubblicano ha detto...

Mi permetterà, piggì, di citare due dei nostri comuni maestri, uno più comune, che citerò alla lettera e in ispirito, e uno, ahinoi, probabilmente meno comune di quanto sarebbe il caso, e che citerò non alla lettera e ribaltandone lo spirito. Comincio dal secondo, dall’abusato Gillo, ricordando, in relazione al fatto che il fascismo nasce dalla democrazia, che ci sono modi diversi di partorire un figlio: quello tradizionale, uterino, e quello, ancor più comune, per espulsione rettale. Ma non sono figli esattamente figli allo stesso modo (e questo detto da uno che sente un forte sentimento di paternità verso i propri escrementi).
Il secondo maestro dice che “dopo anni di riflessione sulle molteplici possibilità che ha uno stato di organizzarsi sono arrivato alla conclusione che la democrazia sia il sistema più democratico che ci sia”. Ora, il punto è che se c’è una via per affermare un potere del popolo (ivi compresa la “plebaglia”), questa via è la democrazia, e non, per dire, ammazzare qualche privato nemico, quasi gli omicidi privati rappresentassero i prodromi della rivoluzione, perché la violenza è un bel segno di vitalità (condotta Battisti + giustificazione Pg). Che non ci sia alternativa praticabile ad una democrazia, per affermare il governo del popolo, è implicito nella stessa ellissi del precedente commento (“da qui seguono conseguenze politiche immaginabili”: ecco, il punto è che per me, afantasioso per eccellenza, non viene in mente nessuna conseguenza che porterebbe ad un effettivo governo del popolo alternativo alla democrazia. Ce lo spieghino, gentilmente, che a fare l’antagonismo sono bravi un po’ tutti).
Quanto ai tratti comuni tra democrazia e fascismo siamo d’accordissimo: non c’è regime che non sia misto ecc. Che nell’una come nell’altra ci siano gruppi di potere che usano lo stato e le istituzioni per mantenere lo status quo anche. Che non ci sia Stato che non sia per definizione conservatore anche. Quanto invece all’identificazione sostanziale di democrazia e fascismo, era una bella idea, accarezzata per un certo periodo anche da Beppino Stalin. Ma poi era talmente stupida che perfino lui, che non era un’aquila, la dovette abbandonare.

10/02/10, 10:43
Anonimo ha detto...

nonostante i post lascino sempre più indietro i nostri commenti, qui si continua a cazzeggiare...
Caro Marcello, dunque, stamani c'è un articolo di d'avanzo sul tuo giornale. Fa proprio al caso nostro, mi pare. Infatti, tira in ballo nientemeno che delle categorie politiche venerande (bonapartismo, amico/nemico, stato d'eccezione etc.) per spiegare il fenomeno berlusconi-bertolaso. Spero proprio che d'avanzo non voglia mettersi a fare l'intellettuale, di sinistra per giunta. Ma veniamo al merito.
Quando Schmitt scriveva che sovrano è chi decide n/dello stato d'eccezione non parlava di un regime politico specifico, ma del Politico. Così come quando vede nell'opposizione amico/nemico la categoria politica moderna, messa recentemente (dalla prima guerra mondiale) in crisi dalle dichiarazioni universaliste. Dirai che Schmitt infatti era nazista. Il che non è propriamente vero (era molto più nazi Heidegger per esempio), ma non è quel che conta. Semmai, siccome si impara dai grandi reazionari più che dai piccoli rivoluzionari (Marx, no?), era una precisa analisi della natura del potere politico. Se qualcuno, come d'avanzo, usa queste categorie per dipingere il governo di berlusconi, secondo me è in malafede. Per esempio, l'uso dei decreti governativi che bypassano il parlamento è comune tanto al presente governo che al governo Prodi, così come la repressione di piazza (vedi governo d'alema per napoli 2001, prima del g8 di genova, con il suo capo della polizia, lo stesso de gennaro indagato poi per genova e promosso). E più in generale, non è vero che il centrosinistra ha sempre voluto una riforma costituzionale che desse più poteri al governo? Poi d'avanzo cita il caso dei rifiuti di napoli (potremmo aggiungere: gli inceneritori, i rigassificatori, la base di vicenza, la tav), come esempio di decisionismo che se ne frega dei "locali", della democrazia partecipata etc. Ma hai presente il tanto stimato, nel pd, sindaco di Torino Chiamparino? Fosse per lui, la tav (non entro nel merito se sia giusto farla in quel modo o meno) la doveva decidere il governo con decreto, appunto. Il fatto, caro Marcello, è che è raro trovare un politico che non sappia che governare significa governare contro, e non per, il popolo. La versione mielosa di questa idea è che i capi politici guardano più avanti e devono educare le masse, portandole verso il meglio.
Basta per oggi,
pg

11/02/10, 09:51
Ciccì ha detto...

Ho appena visto la presentazione dell'ultimo libro del Nostro, durata quasi 2 ore e di fronte ad un pubblico di quasi 50 persone - sbalorditivo, contando che è Oristano, e ancora più sbalorditivo dato che poco meno della metà non aveva ancora raggiunto i 50 anni.

Comunque, porto i saluti di Nori a viarigattieri tutta, e in particolar modo a crofe e crani, a quanto pare gentilissimi nel far stare meglio l'Autore dopo la scomparsa del suo cellulare!

28/06/10, 20:40