Questa è una
recensione che scrivo di getto senza stare a riflettere molto sulla successione
logica degli argomenti. La scrivo di filato perché ho amato moltissimo questo
film. È stato prima di tutto un atto di folle coraggio. Scrivere, girare,
interpretare oggi un film su Giacomo Leopardi è un’azione che va oltre la
spregiudicatezza. Perché il rischio è il ritratto da cartolina, oppure la
riduzione alla fiction all’italiana. E poi perché immaginare di dare una forma
compiuta alla vita e alle opere di Leopardi è, oggettivamente, una sfida quasi impossibile
da superare. Martone invece è riuscito a fare un film bellissimo, pieno di un
furore intellettuale che trova una sua felicissima soluzione nella fotografia
meravigliosa, perfetta di Renato Berta (le finestre assolate di Recanati, la
Napoli oscura del colera…la traduzione lieve della paesaggistica ottocentesca in pellicola...). Dentro questo film troviamo una miniera sterminata
di temi, dalla minuziosa nota biografica per arrivare alle vorticanti,
visionarie “rappresentazioni” dei Canti,
delle Operette. Non solo, ma una cosa
che sinceramente non mi aspettavo di veder rappresentata così nel dettaglio è
la vicenda intellettuale e politica di Leopardi, stretto e incompreso nelle
vicissitudini filosofiche e politiche dell’Italia pre-unitaria:
inclassificabile sia per l’humus tradizionalista d’origine sia per gli
entusiasmi “liberali”; una scheggia impazzita. Qui ritroviamo il meglio del
Martone di Noi credevamo, la narrazione
non-epica ma veritiera delle nostre origini (ed è incredibile rendersi conto di
come oggi soltanto uno sappia mettere le mani così straordinariamente bene
nelle viscere del nostro Paese, in una maniera non scontata, non calligrafica).
Infine, ultima nota ma non si potrebbe evitare di sottolinearlo: Elio Germano è
un attore sovrumano, inclassificabile, di una potenza espressiva che non ha
eguali nel cinema di oggi (cioè, dobbiamo andare a scomodare mamasantissima ben
più blasonati) e che si stacca in volo dai suoi pur eccellenti comprimari (perché
anche questo bisogna dirlo: Binasco, Popolizio, Riondino e tutti gli altri son
gente che dovremmo vedere quotidianamente sul grande schermo, non una volta
ogni Martone, rimpiazzando quei cani senza via di riscatto che ammorbano le
commedie e i drammoni fotocopia del nostro cinema).
Non so come
spiegarvelo, ma a vedere la Ginestra sul grande schermo tra gli
spazi siderei e i rivoli solidificati di lava, scusate, mi sono commosso.