NRL X - Il conte di Montecristo (cap. LXXXVIII, "La notte")
venerdì, febbraio 07, 2014
Superata p. 700, i fili del labirintico progetto di Dantès vengono a restringersi sempre di più, fino ad incappare in un nodo imprevisto e terribile - tra i vari possibili esiti della sua vendetta implacabile -, il duello mortale contro il figlio di Fernando.
L'ira viziata, custodita, alimentata da quindici anni arriva a concepire un disegno sovrumano. Dantès si arroga il ruolo di incarnazione della Provvidenza, confliggendo contro un tabù prima di tutto umano: innalzare se stessi al di sopra della dimensione umana, attribuirsi il ruolo di mettere a segno l'imperscrutabile (reale?) volontà divina.
Prima che egli commetta un simile sopruso contro natura, riceve nel suo palazzo l'inattesa visita della signora de Morcerf, cioè di Mercedes: l'amore dalla cui privazione Dantès ha patito un dolore folle (che, per quanto si sforzi l'autore, non si avvicina mai all'intensità con cui viene resa l'altra perdita, quella del padre: l'infamante morte del genitore è vista più come un'aggravante della condotta dei suoi aguzzini; nella donna perduta stava invece la promessa della futura felicità).
In questo capitolo intriso di patetismo il personaggio di Mercedes ruba la scena e anticipa la rivelazione decisiva: pronuncia il nome di Edmondo. E' un nome che anche il lettore aveva dimenticato, tra le scorribande mediterranee, le avventure romane, le mirabilia parigine, smarrito nella ridda di personalità multiple interpretate da Dantès.
A sentire quel nome, il suo vero nome, l'identità leggendaria e paurosa del "conte di Montecristo" perde qualunque consistenza e si riduce a ciò che è nella realtà: la maschera di un fantasma. Ricondotto alla sua identità originaria, Dantès constata l'insufficienza del suo disegno di vendetta e la sua volontà demoniaca s'incrina irreparabilmente. Da questo punto in avanti, grazie all'intervento di Mercedes, il romanzo cessa di essere la storia di una vendetta per assumere i contorni di una storia di salvezza, quella dell'anima di Dantès.
(il romanzo è frutto della letteratura seriale del suo secolo. Prodotto di consumo, molto largo. Eppure ci ha consegnato una serie di accortezze narrative che sono ancora oggi utilissime per chi scrive grandi archi narrativi - in letteratura o per immagini. La critica postmoderna ha condannato senza pietà lo stile e ne ha fatto oggetto di affettuosa presa per il culo - una simpatica anticaglieria da osservare con la sostenuta puzzetta sotto il naso tipica dei postmodernisti: ma un giorno potremo dire che in quella massa di scritti che ci ha avvelenato le bibliografie e i pozzi artesiani degli studi umanistici c'è una quantità pazzesca di corbellerie... Perchè la trama era inverosimile. Sì, certo, è inverosimile. E' un'opera di finzione. Come se ancora oggi dovessimo analizzare in sede critica, e prendere sul serio, le giustificazioni di un re greco che, partito vent'anni prima per una guerra, torna a riprendersi il trono, come se niente fosse, adducendo come scusa per il ritardo dei mostri marini, un popolo di giganti con un occhio solo, una musa che s'è scopazzato per anni, un paio di naufragi inverosimili e una popolazione squisita, guarda davvero gentilissimi, che gli ha allungato del fumo veramente buono, ma così buono che non si ricordava più la strada di casa).
Etichette:
Conte di Montecristo,
Dumas,
NRL,
X
Iscriviti a:
Post (Atom)